Quattro parti su dieci avvengono con il taglio cesareo. Troppi secondo le indicazioni dell’organizzazione mondiale della Sanità che individua nel 15% il numero ideale di parti chirurgici rispetto a quelli naturali. Un dato controverso, quello italiano, che ci pone in testa alla classifica Europea in questo campo.
Inoltre il trend è in continua crescita. Un’indagine condotta dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (Onda) in collaborazione con il settimanale Io Donna e il Dipartimento di salute materno infantile dell’OMS, ha indagato su 1000 donne di età compresa fra i 20 e i 40 anni, per conoscere le reali motivazioni che hanno spinto le già mamme (53.7%) o le future mamme (46.2%) a scegliere il parto naturale piuttosto che il taglio cesareo.
I risultati dell’analisi dicono che le donne, nell’80% dei casi, preferiscono il parto naturale a quello cesareo. Le ragioni, sono sia di carattere emotivo-affettivo (non perdere le prime ore di vita del bambino (63%), avere il compagno al proprio fianco (40%) o, nel 35%, allattare con più facilità), sia per motivi di ordine funzionale (ospedalizzazione più breve (53%), recupero fisico più veloce (49%), meno dolore post operatorio (44%), gravidanze future illimitate (47%) e, nel 46%, assenza di cicatrici).
È invece principalmente legata al timore del dolore per sé (53%), alla sofferenza per il bambino (39%), o a un senso di maggiore sicurezza (36%) la scelta del 20% che predilige il taglio cesareo. Fra le donne che scelgono il parto cesareo è molto apprezzata la possibilità di poter pianificare, con questa modalità di parto, la data della nascita (46%) o poter ritornare più rapidamente ad una normale vita sessuale (21%).
«Le donne pensano al naturale ma alla fine scelgono il cesareo», spiega Francesca Merzagora, presidente di Onda, «in molti casi temono il dolore. Un problema che sarebbe facilmente risolvibile se in tutte le strutture ospedaliere e nelle neonatologie fosse sempre disponibile l’epidurale. Purtroppo non è così, solo il 19% delle strutture dispone di questa facilitazione e spesso non viene utilizzata perché ci sono pochi anestesisti dedicati».
«Ma è anche una questione d’informazione, di rapporto medico paziente», conclude Annamaria Marconi, direttore dell’unità operativa di ostetricia e ginecologia dell’ospedale San Paolo di Milano. «E’ necessario lavorare sul rapporto ginecologo-partoriente per spiegare pro e contro delle due opzioni. Il dialogo è fondamentale».
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