L’obesità e l’anoressia sono situate a estremità opposte della bilancia, ma secondo uno studio australiano condividono un simile disturbo psicologico e potrebbero beneficiare dello stesso trattamento.
Ricercatori dell’Università del Nuovo Galles del Sud hanno concluso che entrambi i gruppi soffrono di un disturbo delle funzioni esecutive (Dfe), che crea problemi nell’organizzare la vita di tutti i giorni. Studi precedenti avevano collegato l’anoressia al Dfe e sottolineato la rigidità e lo stretto controllo esercitati da chi soffre di disturbi dell’alimentazione non solo sul cibo ma su tutta la propria vita.
Nella ricerca pubblicata sulla rivista Obesity Reviews, la psicologa Evelyn Smith e i suoi collaboratori hanno passato in rassegna 38 studi sull’obesità e sulle funzioni cerebrali di alto livello e hanno concluso che gli obesi sono vulnerabili al Dfe. Mentre il disturbo induce gli anoressici a tenere strette le redini, negli obesi avviene il contrario perché sono spesso troppo flessibili e trovano difficile risolvere problemi e raggiungere obiettivi. E quando si tratta di cibo, il Dfe scombina la loro capacità di programmare diete e di associare le scelte alimentari sbagliate con l’aumento di peso.
Nel caso degli anoressici si è dimostrata efficace una terapia del rimedio cognitivo, utilizzata anche sui pazienti colpiti da schizofrenia e deficit di attenzione, e gli studiosi australiani ritengono che possa aiutare gli obesi a migliorare le abilità di programmazione e il comportamento alimentare.
«L’obesità è in parte un disturbo cerebrale e non si limita a questioni di stile di vita, di dieta e di mancanza di esercizio», scrive Smith. «Dobbiamo riconoscere che l’obesità non riguarda solo un gruppo di persone che mangiano troppo intenzionalmente. Vi e’ qualcosa nel loro cervello – ha osservato – che causa le loro difficoltà».
Fonte Ansa