I miei collaboratori ci scherzano su: sono talmente abituati a vedermi approfittare degli istanti di semilibertà da sala operatoria, visite e riunioni, che temono mi perda negli esercizi più complicati del sudoku e butti via (secondo loro) del tempo prezioso. Ma in fondo sanno che non si tratta di uno spreco e, piano piano, li sto contagiando: vedo sempre più spesso giornali o libri con esercizi di sudoku affiorare dai loro camici. Ne sono contento.
Il sudoku è un esercizio prezioso, un insieme di relax e allenamento mentale che ha dimostrato di migliorare moltissimo la memoria e la freschezza della mente. L’ ho scoperto qualche anno fa, prima ancora che diventasse un hobby alla moda. Ho subito intuito che fosse uno strumento divertente e importante per tenere allenata la testa, e mi sono abituato a portare con me qualche schema complicato da risolvere in aereo o nelle pause della sala operatoria.
Perché il bello di questo rompicapo è che diventa una sfida con se stessi. Non c’è limite alla complicazione di quei piccoli schemi. Ogni mattina salgo in sala operatoria con i miei libretti del sudoku in tasca, rubo i secondi tra un intervento e l’ altro, mi immergo nel gioco.
Ricordo che qualche mese fa una collega molto zelante trovò su una sedia della cosiddetta stanza relax delle sale operatorie uno dei miei sudoku, parzialmente risolto: credendo di farmi piacere rimproverò i chirurghi presenti: «Questa è una sala operatoria, non si gioca!». E io, lasciandola incredula, andai da lei a riprendermi il prezioso libretto che volevo assolutamente concludere.
Dal giorno successivo gli esercizi di sudoku in quella stanza si moltiplicarono, con qualche sorriso da parte di chi lavora con me da tanti anni. Un’altra volta, in una giornata di appuntamenti fittissimi, afferrai uno schema al termine di una riunione: pensai di dedicarvi pochi secondi, tanto per rilassarmi, ma non avvertii il mio staff e iniziai a ragionare sulla soluzione, restando chiuso in totale silenzio nel mio studio.
Vidi comparire Lucia, la mia segretaria, con discrezione. «Umberto…», sussurrò, credendo che fossi ancora impegnato nella riunione. Poi si rese conto che ero solo. «Ma… Stai facendo un sudoku!», esclamò con tono di rimprovero. Guardai l’orologio: altro che pochi secondi, ero riuscito a restare solo per quindici minuti!
Da quel momento le mie segretarie si premurano di controllare che, al termine delle riunioni o delle visite, non sia nascosto da qualche parte con la matita in mano per risolvere uno schema. Lo stesso accade a casa: quando sono libero da impegni professionali amo trascorrere qualche ora al cinema, ma riesco lo stesso a dedicare tempo al sudoku prima di dormire le mie canoniche quattro cinque ore.
I miei collaboratori si stupiscono per la mia capacità di fare operazioni matematiche complesse a memoria: capita che riesca a calcolare le percentuali degli studi scientifici prima delle calcolatrici o dei computer. Eppure a me sembra il frutto della volontà (che ho sempre avuto) di nutrire il cervello con le sostanze giuste: attività che suscitino curiosità e sforzo mentale, perché i neuroni restino giovani e attivi. Ormai anche le pazienti hanno saputo della mia passione, e capita che arrivino alle visite con libri pieni di esercizi complicati: «Ho trovato questo per lei…». Mi fanno felice.