La fine di una relazione, o di un matrimonio, è una fase delicata ma necessaria per poter ricominciare. Come fare a superarla? Ecco qualche consiglio della dottoressa Sonia Piana, psicologa e psicoterapeuta presso la residenza sanitaria assistenziale San Giacomo di Torino, è specialista in terapia famigliare (puoi chiederete un consulto qui).
Una relazione lunga che finisce, o una separazione dopo il matrimonio, sono sempre dolorose. È un po’ come un lutto?
Bisogna fare una premessa. Quando un amore finisce bisogna darsi il tempo necessario per elaborare la cosa. L’errore è cercare subito la distrazione senza dare spazio al dolore. Occorre una rielaborazione fisiologica. La prima fase della separazione porta con sé chiusura e depressione: è normale, non ci si deve spaventare ma cercare di vivere fino in fondo, con i propri tempi, questo momento delicato e difficile.
Sì, la fine di una relazione durata anni è un po’ come un lutto, è un’interruzione della fase della vita, si interrompe un progetto di vita insieme e ciò che ne consegue è un senso di smarrimento, di vuoto, di instabilità. Questo può portare con sé anche una relativa perdita di identità e colpevolizzazione.
Depressione, poca voglia di relazionarsi con gli altri, senso di sconforto: questa fase è tipica delle donne?
Sì. È caratteristica delle donne analizzare le situazioni, fare autoanalisi, vivere la fine di una relazione, o di un matrimonio, come un fallimento. La donna tende a colpevolizzarsi, e spesso questa fase è vissuta con una scarsa autostima di sé.
Gli uomini invece cercano la distrazione, la compagnia degli amici, nuove avventure senza grossi coinvolgimenti. Anche se, a questo riguardo, va detto che i ruoli si stanno equiparando, i ragazzi di oggi sono più sensibili alle problematiche legate ai sentimenti.
Quando si deve chiedere aiuto?
Se il momento di chiusura e di depressione non passa e anzi altera la vita quotidiana, impedendo il normale svolgimento degli impegni lavorativi e sociali, allora ci si deve fermare un attimo e rivolgersi a un professionista. Il che non significa per forza di cose intraprendere una terapia psicologica, ma anche soltanto affrontare una serie di colloqui, due o tre, per capire se esiste l’effettivo bisogno di un aiuto esterno.
Non bisogna avere paura di chiedere aiuto ad amici e parenti, dando consigli a chi ci sta accanto su come gestire insieme questo momento. C’è chi ha più bisogno di essere ascoltato, chi di uscire, l’importante è che lo sappiano e non ci lascino soli.
Se si è trattato di un matrimonio, o comunque di una relazione con figli, non si può troncare di netto perché ci sono legami che vanno al di là del sentimento. In questo caso l’aiuto di uno psicologo è importante per continuare a mantenere una convivenza “civile” senza coinvolgere i figli.
Il punto di partenza per ricominciare?
Ricominciare da se stessi. Trovare nuovi stimoli, dedicarsi a interessi che si erano accantonati per la vita di coppia, affrontare nuove sfide. Reinventarsi, ma per se stessi, non per il partner.
Passata la fase più difficile, si ricomincia a guardarsi in giro e si cerca di distrarsi: il mio consiglio è di farlo con l’aiuto degli amici e di conoscenze nuove, per essere introdotti in nuovi ambienti, evitando la routine che si aveva con il partner. È importante frequentare contesti diversi da quelli vissuti con l’ex.
Anche trovare una nuova immagine di sé può essere un punto di partenza: un nuovo taglio di capelli, un nuovo look sono piccoli punti di partenza per piacersi e vedersi diversi. Questa caratteristica è tipica delle donne e nasconde anche una piccola “rivalsa” nei confronti dell’ex.
Qual è l’obiettivo di una terapia di sostegno?
Ci si focalizza sulla ricostruzione della storia d’amore, sui momenti positivi e negativi, cercando di ricordare entrambi. Si lavora sul senso di realtà, cercando di guardare la relazione con obiettività. La terapia offre un altro punto di vista. Ad esempio nei casi in cui la rottura è stata causata da una terza persona, o quando si tende a dare la colpa di tutto all’ex, si cerca di mediare e di far vedere le cose nella giusta dimensione. Si punta molto sulle risorse della persona: sulle qualità, gli interessi e gli stimoli che la possano aiutare ad andare avanti. L’obiettivo finale è di pensare che la relazione, anche se finita, ci ha lasciato comunque qualcosa di positivo, di bello, per cui ne è valsa la pena.
POSSONO INTERESSARTI ANCHE
Il divorzio ti toglie il sonno? Occhio alla pressione
A 50 anni ancora ‘figlio di mammà’
Il vero amore è una questione di cervello: per scoprirlo basta una risonanza magnetica