Salute

Missioni nello spazio: quando gli studi sugli astronauti servono anche a noi

Dalla nutrizione ai protocolli di allenamento in assenza di gravità, dalla coordinazione neuromotoria al sistema nervoso: la ricerca biomedica spaziale ha ricadute sulla salute di tutti

I programmi di allenamento e di alimentazione controllata, e i test di fisiologia condotti in orbita e descritti da Luca Parmitano nella sua intervista servono a capire come il nostro organismo reagisce a lunghe permanenze nello spazio e a contrastare gli effetti della microgravità sul benessere psicofisico degli astronauti. «Il fine ultimo della ricerca biomedica spaziale è infatti salvaguardare la salute dei protagonisti delle missioni, sempre più lunghe, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, in vista anche di future missioni su Marte, per fare in modo che l’essere umano possa vivere in un ambiente così diverso da quello terrestre», spiega Vittorio Cotronei, per anni responsabile del settore di medicina e biotecnologia dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). «Ma ciò non toglie che possa migliorare anche la vita sulla Terra, perché quello che impariamo nello spazio può essere utile anche per combattere patologie che affliggono milioni di persone».

 

Basti pensare che l’invecchiamento e l’assenza di gravità nello spazio sono associati ad alterazioni simili dei normali processi fisiologici. Riduzione dell’attività muscolare, indebolimento delle ossa, fattori di rischio cardiovascolare, per esempio, si sviluppano progressivamente nell’anziano e rapidamente nello spazio. «L’astronauta dunque rappresenta un ottimo modello sperimentale per lo studio di interventi utili a prevenire patologie socialmente rilevanti legate all’età e alla sedentarietà», aggiunge Gianni Biolo, direttore della Clinica medica universitaria dell’Ospedale di Cattinara di Trieste, che da anni collabora con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e l’ASI. «Non a caso protocolli nutrizionali e di allenamento sviluppati per mantenere in salute gli astronauti hanno dimostrato la loro efficacia anche per prevenire e contrastare l’atrofia muscolare, un meccanismo fisiopatologico che contraddistingue numerose malattie croniche tipiche dell’invecchiamento. Da un lato abbiamo dimostrato infatti che, proprio come in condizioni di microgravità, anche sulla Terra è importante un costante esercizio fisico come terapia adiuvante in grado di migliorare l’efficacia delle terapie. Dall’altro che il fabbisogno proteico aumenta sia in condizioni di microgravità sia in caso di forzata inattività fisica».

Gruppo San Donato

 

Anche la diagnosi e la cura di malattie neurologiche che comportano disturbi della motricità possono beneficiare della ricerca spaziale. «Abbiamo osservato», spiega Francesco Lacquaniti, direttore del Centro di biomedicina spaziale dell’Università Roma Tor Vergata «una serie di affinità tra i problemi di coordinazione neuromotoria causati da alcune malattie neurologiche e i disturbi neuromotori di cui talora soffrono gli astronauti nel corso delle missioni spaziali. Capire meglio, dunque, come il sistema sensori-motorio si adatta nello spazio, all’assenza di gravità, può aiutarci ad affrontare disturbi dell’orientamento e di equilibrio dovute a lesioni cerebrali che possono causare cadute accidentali e provocare fratture disastrose soprattutto negli anziani». In entrambi i casi è coinvolta la corteccia vestibolare: alterazioni nel funzionamento di questa regione del cervello causano vertigini, nausea, perdita di equilibrio, instabilità e disturbi nella coordinazione motoria. «Ecco allora che stiamo sperimentando nei pazienti con lesioni cerebrali i protocolli di addestramento degli astronauti, finalizzati a prepararli all’assenza di riferimenti gravitazionali» continua Lacquaniti.

 

Se la microgravità disorienta il sistema nervoso degli astronauti nei primi giorni in orbita, anche il ritorno a Terra, in particolare dopo lunghe missioni, lo mette a dura prova. «Una situazione in fondo analoga a quella del neonato che, dopo essere stato sostenuto per nove mesi dal liquido amniotico, alla nascita si trova a far fronte alla forza di gravità», puntualizza il fisiologo Pietro Enrico di Prampero, che per molti anni all’Università di Udine ha coordinato ricerche sui voli spaziali in collaborazione con l’ESA. «Il sistema nervoso centrale è programmato per tutto ciò. Nel caso dei neonati prematuri, però, l’impatto con la gravità avviene quando il sistema nervoso non ha ancora raggiunto un livello di sviluppo completo, e possono insorgere deficit motori. Non è da escludere, e ce lo auguriamo, che le pratiche riabilitative a cui sottoponiamo gli astronauti per il recupero delle capacità di controllo motorio possano essere adottate anche nei reparti di neonatologia».

 

Una missione spaziale può essere l’occasione anche per mettere a punto indicazioni nutrizionali utili per limitare l’impatto a livello intestinale di situazioni particolarmente stressanti. Su questo fronte è impegnata in prima linea l’Agenzia spaziale giapponese che vuole verificare se l’assunzione di probiotici possa aiutare d’aiuto. «Il forte stress cui sono sottoposti gli astronauti, insieme all’assenza di gravità, porta infatti a un’alterazione dell’equilibrio del cosiddetto microbiota intestinale, con un aumento dei batteri patogeni che normalmente popolano il nostro intestino ma sono inoffensivi, e una riduzione dei batteri buoni che hanno il compito di controllarli e mantenerli sotto il livello di pericolosità. E i probiotici consentono di reintegrare i batteri buoni che aiutano l’organismo a difendersi dalle infezioni» spiega Lorenzo Morelli, direttore dell’Istituto di microbiologia della Facoltà di scienze agrarie alimentari e ambientali dell’Università Cattolica di Piacenza. «I risultati di questo progetto potranno essere utili per capire su quali gruppi batterici patogeni i probiotici hanno maggiormente effetto e potranno dunque supportare nuove indicazioni d’uso dei probiotici, da consigliare per esempio in previsione di periodi particolarmente impegnativi».

 

Testo di Simona Regina, da Ok Salute e Benessere luglio-agosto 2014

 

 

 

 

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