E’ come un fulmine a ciel sereno: il giovane cuore che smette di battere, l’atleta che si accascia al suolo, lo stadio che si ammutolisce. Non è raro leggere sulle cronache di questi incredibili episodi di morte improvvisa che spezzano giovani vite in maniera del tutto inaspettata. Spesso la causa è una malattia genetica, un difetto scritto nel Dna che trasforma il cuore in una bomba a orologeria pronta ad esplodere. E’ il caso della sindrome di Brugada, responsabile di una morte improvvisa su cinque al di sotto dei 40 anni.
Da oggi, però, un modo per disinnescarla c’è. L’hanno escogitato i ricercatori guidati dal famoso aritmologo italiano Carlo Pappone e dallo spagnolo Josep Brugada, scopritore della sindrome insieme al fratello Pedro. La loro nuova tecnica, che consente di cancellare definitivamente la malattia, consiste nel bruciare in maniera mirata le cellule del cuore malate usando una corrente elettrica a radiofrequenza, in pratica una tecnica di ablazione “a bersaglio”. La sua efficacia è stata dimostrata su 14 pazienti con sindrome di Brugada ad altissimo rischio di morte improvvisa e per questo già sottoposti all’impianto di un defibrillatore. Una volta sottoposti alla nuova terapia, sarebbero guariti definitivamente: a distanza di sei mesi dal trattamento non presentavano più i segni della malattia, neppure nel tracciato dell’elettrocardiogramma. I risultati, in via di pubblicazione sulla rivista Circulation EP, fanno talmente ben sperare che i medici pensano di espiantare i defibrillatori dei pazienti quando verrà tagliato il traguardo dei 12 mesi senza sintomi.
«Questa notizia sarà molto importante per tutti quei pazienti che, consapevoli di avere la Sindrome di Brugada, vivono nel terrore delle conseguenze della loro malattia», commenta Pappone, responsabile dell’unità di Aritmologia Clinica ed Elettrofisiologia dell’IRCCS Policlinico San Donato. «Altri tentativi di eliminarne i sintomi e in particolare le aritmie erano stati eseguiti nel passato con buona percentuale di successo – ricorda l’esperto – ma non avevano come obiettivo l’eliminazione completa della malattia. Questo è il primo studio al mondo in cui una malattia genetica può scomparire applicando una particolare corrente elettrica (radiofrequenza) attraverso un sondino che raggiunge la superficie del ventricolo destro».
Speranza di guarigione dunque? Ribatte il fratello, il dottor Pedro Brugada, che pubblicò la prima relazione su questa malattia insieme a Josep nel 1992. «Mi sento in dovere di farlo a causa delle aspettative sbagliate che questa intervista ha creato tra i miei pazienti, spinti dalla vana speranza di poter definitivamente “guarire” da questa malattia» scrive in una lettera, specificando che il trattamento presentato dal dottor Pappone come nuovo, nuovo non è ma già descritto dal collega Koonlawee Nademanee (che lavora presso l’Università della California) in una pubblicazione di quattro anni fa. «Il trattamento ablativo descritto da Pappone ha come solo obbiettivo quello di trattare quella porzione di pazienti affetti dalla sindrome che subiscono ripetuti “shock” terapeutici erogati dal defibrillatore per l’interruzione di aritmie ventricolari maligne» prosegue Pedro Brugada. «Pertanto l’ablazione può trattare in casi estremi queste aritmie ma di certo non “guarisce” una malattia genetica come la sindrome di Brugada. Il paziente dovrà comunque subire un impianto di defibrillatore cardiaco per proteggersi dalla morte improvvisa».
Di certo una strada molto interessante si è aperta per curare la sindrome di Brugada, ma di fronte al dibattito scatenato nella comunità scientifica (e in famiglia, aggiungerei), la parola d’ordine è «cautela». Servono altri studi e risultati a lungo termine per poter affermare, alla luce della scienza e in tutta serenità, che la malattia è stata sconfitta.
Ultimo aggiornamento 25 settembre 2015
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