«Le mie compagne giocavano e chiacchieravano tra di loro», racconta Cristina Chiabotto, in tv con Ciak… si canta! (venerdì, ore 21.10, Raiuno). «Io sempre lì, ferma a guardare e ad ascoltare in silenzio. E, al momento di fare nuove amicizie, il blocco. Così fino ai 13 anni. Poi, grazie a mamma e papà, ho imparato a sgretolare quel muro di incomunicabilità».
Ecco confessione della conduttrice tv a OK.
«Lo sguardo basso, senza riuscire a spiccicare una parola. In mezzo al mucchio, con la speranza di passare inosservata. A disagio con chiunque tentasse di coinvolgermi e di farmi aprire. La maggior parte della mia vita è trascorsa così, segnata dalla timidezza. Fino ai 13 anni ero una ragazzina chiusa: desideravo moltissimo stare con i bambini della mia età, ma c’era qualcosa che m’impediva di rompere il ghiaccio.
In classe non aprivo mai bocca
Mentre le mie compagne giocavano e chiacchieravano tra loro, io rimanevo ad ascoltare, in silenzio. E, al momento di fare nuove amicizie, ecco apparire la mia timidezza.
Gli stessi problemi si manifestavano a scuola. Alle elementari non è mai capitato che alzassi la mano per fare una domanda. Aprivo bocca solo se interpellata, ma non una parola di più.
Ripensandoci oggi, credo che nell’aula la mia voce si sentisse unicamente quando la maestra chiedeva: “Cristina, tutto bene?”. Dietro il mio “sì” c’era la verità: io stavo bene, ero serena, ma un muro insormontabile mi negava la possibilità di comunicare il mio stato d’animo all’esterno. In casa, per fortuna, le cose erano diverse.
Con la mia famiglia ho sempre avuto un rapporto di complicità e di unione. Riuscivo a esprimermi con naturalezza e fin da piccola ho avvertito l’affetto dei miei, potendolo ricambiare senza impedimenti. Devo al loro costante sostegno e al loro incoraggiamento se sono stata capace di uscire dal mio isolamento. Papà e mamma non mi hanno mai fatto sentire inadeguata, perché mai mi hanno dato la sensazione di giudicarmi.
Anche se avevo le mie difficoltà, grazie a loro non ho sofferto di complessi e ho imparato a farmi voler bene.
Non parlavo ma sapevo ascoltare
È vero, non riuscivo a parlare di me, ma compensavo questo limite con la capacità di ascoltare. Tra le amiche, ero quella a cui si potevano consegnare le confidenze più delicate: sapevo tenere un segreto, ero tutto fuorché pettegola. Per questo non ero mai sola: la mia timidezza non veniva avvertita come chiusura o alterigia.
Ho fatto leva sul sorriso: è quello che mi ha permesso di trasmettere la spontaneità e la solarità che da sempre ho in me. A volte mi chiedo se non sia proprio stata quella timidezza a determinare la fortuna di oggi. Non mi sono mai sentita la bella che puntava sul suo aspetto fisico e siccome mi consideravo una ragazza normale, anzi, con più insicurezze degli altri, nelle amiche non ho mai suscitato invidie.
Non solo. Presto ho verificato una cosa strana: proprio le situazioni meno indicate per una timida erano quelle che mi aiutavano a superare i miei limiti. Invece di chiudermi in relazioni con persone schive e impacciate come me, ho capito che era più facile avere a che fare con gente estroversa. Io dovevo solo cercare di stare al loro passo.
Tutte le mie scelte professionali sono avvenute così. Chi si sentirebbe sicura di sé dovendo tenere testa alle Iene? O ancora, a chi non tremerebbero le gambe davanti alle piazze gremite del Festivalbar? Oggi, finalmente, mi sento uguale a chiunque dovesse trovarsi in queste situazioni. Forse però ho una marcia in più, dovuta all’allenamento di una vita spesa a combattere la timidezza».
Cristina Chiabotto (testo raccolto da Angelica Fontana per OK La salute prima di tutto di dicembre 2006)