Focus di Carlo Lenti, professore ordinario di neuropsichiatria infantile all’Università degli Studi di Milano (puoi chiedegli un consulto)
L’autismo fa parte dei disturbi pervasivi dello sviluppo e si manifesta entro il terzo anno di età. Esiste come definizione solo da sessant’anni (la parola trae origine dal greco autòs, se stesso, e rende bene l’idea della solitudine, caratteristica della sindrome). Nell’immaginario collettivo gli autistici sono impenetrabili, persi in movimenti ripetitivi. Non è sempre vero: alcuni ragazzini riescono pian piano ad acquisire discrete capacità di linguaggio e qualche abilità sociale.
SINTOMI
Nell’attesa che vengano messi a punto test genetici o biochimici, allo studio, i neuropsichiatri infantili si fondano sull’analisi dei comportamenti. La diagnosi deve basarsi su una serie di sintomi. Ecco i più comuni.
• Disturbo della comunicazione. Il paziente non parla, a volte perché non ne è capace, in altri casi perché non vuole, oppure si esprime solo con frasi secche del tipo: «Non farmi male!». I bimbi autistici non sono in grado di usare neppure il linguaggio corporeo (leggi: le mani dicono più di mille parole). Per esempio, il neonato non guarda negli occhi la mamma. E a cinque-sei mesi non risponde all’abbraccio. Quando è più grande, non sorride e non piange in risposta a eventi che provocano emozioni.
• Apparente sordità. Il bambino non risponde ai richiami perché non sa interpretarli. Così sembra che abbia un deficit dell’udito.
• Disturbo dell’interazione sociale. I bimbi autistici restano isolati e non partecipano alle iniziative degli altri. Non sono nemmeno capaci di usare i giocattoli. Spesso hanno scoppi di rabbia e, in casi più limitati, di forte aggressività. Si dondolano da soli e mostrano comportamenti ripetitivi.
• Ritardo mentale. È presente in più del 50% dei casi di autismo.
• Epilessia. Possono verificarsi alcuni episodi negli autistici.
• Nell’Asperger. Nel caso di autismo ad alto funzionamento (sindrome di Asperger), il paziente mostra particolari abilità ma non riesce a entrare in empatia con gli altri (guarda: autistici famosi e geniali). È spesso in difficoltà di fronte a tutto quello che richiede una capacità di astrazione.
LE CAUSE
Che cosa provoca l’autismo? Un disordine genetico, dicono gli studiosi, che si verificherebbe per cause ancora sconosciute durante i primi tre mesi della gravidanza. Intendiamoci, non c’è un solo gene dell’autismo: la patologia è una condizione multifattoriale e complessa.
Il disordine nel Dna crea scompiglio in alcune aree cerebrali, in particolare danneggia il cervelletto, il ponte e i neuroni specchio, cioè quelli deputati a riconoscere le intenzioni delle persone che abbiamo di fronte. E da questo discende l’incapacità di interpretare le emozioni degli altri. Il fatto è che l’autismo appare in crescita: sembra che dalla percentuale di un caso ogni mille bambini si sia ormai arrivati a uno ogni 500.
Mentre è infondata la teoria secondo cui sarebbero i vaccini a provocare l’autismo, stando a un recente riesame di oltre mille studi scientifici, commissionato in America dallo United State Institute of Medicine.
LE TERAPIE
Si può fare molto con apposite tecniche psicologiche cognitivo-comportamentali per favorire l’autonomia dei bambini autistici. Bisogna creare, per ogni bambino, un progetto educativo mirato sulle sue capacità, utilizzando ogni spiraglio che lui decide di mantenere aperto, come la musica o certi sport, a partire dal nuoto. I farmaci si usano solo per arginare i momenti di crisi, agitazione, rabbia acuta. Sono però molto poche le strutture specializzate per gli autistici in Italia.
Carlo Lenti, professore ordinario di neuropsichiatria infantile all’Università degli Studi di Milano (puoi chiedegli un consulto) – OK Salute e benessere