È alto quanto un bambino di quattro anni ma in realtà ne ha appena compiuti dieci: il progetto iCub ha preso il via nel 2004 dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova e, attraverso una piattaforma di ricerca tecnologica internazionale, in un decennio ha studiato e riprodotto su un robot umanoide il meccanismo di elaborazione di informazioni alla base di movimento, vista, tatto e manipolazione. Oggi iCub, il robot bambino, sa anche riconoscere e afferrare gli oggetti. «Abilità complesse da riprodurre con la robotica: nell’uomo sono molte le aree del cervello coinvolte nella visione, pianificazione del movimento e manipolazione – ha spiegato Giorgio Metta, uno dei papà del robot e direttore del progetto di ricerca, durante lo scorso Brain Forum di Milano – In futuro questi tipi di robot, ulteriormente perfezionati nell’apprendimento e nell’esecuzione, potrebbero essere utili nell’interazione con l’essere umano, dall’assistenza domestica al supporto di persone anziane o con disabilità». In tutto il mondo il robot italiano ha altri 27 fratellini, anche in Giappone, patria della robotica per eccellenza.
Cinzia Pozzi
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