Si fa tutto attraverso un sottile catetere che, dalla vena giugulare, arriva al ventricolo malandato e lo ‘pinza’ con delle mini-ancore per ridargli una forma e farlo tornare a contrarsi ritmicamente. A sperimentarla in Italia il team di cardiologi e cardiochirurghi dell’Ospedale Molinette di Torino su un paziente di 54 anni che, dopo un esteso infarto del miocardio, presentava una cardiopatia ischemico-dilatativa e un aneurisma anteriore. L’unica opzione dell’uomo sarebbe stato il trapianto di cuore, ora evitato con un intervento di tre ore e mezza, solo quattro giorni di degenza e una piccola cicatrice. «Di fatto, è la rilettura in chiave moderna di un intervento che noi cardiochirurghi eseguiamo da trent’anni, la ventricoloplastica – spiega Mauro Rinaldi, direttore della Cardiochirurgia dell’ospedale torinese e a capo dell’equipe medica che ha eseguito l’intervento innovativo – Con la tecnica mininvasiva si evita di aprire il torace del paziente e di sottoporlo a circolazione extracorporea, ed è possibile così trattare anche casi delicati o di età avanzata e con comorbilità, per cui l’intervento tradizionale risulterebbe più rischioso».
Si allunga così la lista di interventi al cuore che sfruttano cateteri, onde, mini-ancore e mollette, per minimizzare le complicanze e ridurre i tempi di degenza e recupero post-operatorio dei pazienti. Oggi, e lo dimostra questo intervento, si è riusciti a rendere mininvasivo anche un intervento molto delicato come il ‘lifting’ al ventricolo, reso necessario per frenare la progressione dello scompenso cardiaco in casi molto gravi: dopo un infarto molto esteso e non trattato tempestivamente con angioplastica, sul tessuto cardiaco si forma una cicatrice che impedisce al cuore di contrarsi regolarmente e, con il tempo, causa una dilatazione nel ventricolo sinistro (l’aneurisma anteriore). Quasi il 10 per cento di tutti gli infarti miocardici va incontro a questa complicanza: un numero ridotto, ma non trascurabile se si pensa che l’infarto è una delle principali cause di morbilità e mortalità. Ma perchè serve fare la plastica al ventricolo?
Cinzia Pozzi