Hai paura del buio e prima di entrare nel letto controlli che non si nasconda nessuno nell’armadio? Il comunissimo timore delle tenebre è tipico dell’infanzia, ma non di rado si presenta anche quando bambini non si è più.
Ma perché l’assenza di luce può inquietare? L’acluofobia (in greco, achlys, oscurità, e fòbos, fobia), o scotofobia, nasconde il timore di cosa potrebbe succederci. Quando non vediamo nulla, anche una stanza che conosciamo bene può sembrarci estranea e piena di potenziali minacce.
Una reazione atavica
«Il timore dell’oscurità si collega all’atavico spavento dell’ignoto, che non riusciamo a controllare e che per questo può rappresentare un pericolo», spiega Simone Vender, professore ordinario di psichiatria all’Università dell’Insubria di Varese-Como. «Quando c’è un blackout, per esempio, tutti quanti si sentono più vulnerabili e disorientati. In situazioni del genere, il cervello appronta meccanismi di difesa per metterci in allarme e renderci più reattivi dinanzi a eventuali rischi».
In certi individui, questo allarme in presenza del buio non è limitato a momenti specifici ma è costante. E il solo pensiero di dormire con la luce spenta mette in stato d’agitazione: subentrano allora sintomi quali sudorazione e brividi, il cuore batte all’impazzata e il respiro si fa affannoso.
Retaggio di un trauma infantile
«Negli adulti il più delle volte la scotofobia è il retaggio di una spiacevole esperienza capitata in assenza di luce, solitamente quando si era bambini», continua Vender. «Magari rimane sopita per anni e a un certo punto viene fuori. Spesso a risvegliarla è una situazione di stress molto intenso, un periodo difficile, come un divorzio, un lutto o la perdita del lavoro: chi vive conflitti interni tende a esternarli in una situazione di oscurità. Per questo, una volta superato il periodo critico, in certi casi può passare da sola».
Le strategie antipanico
Che fare per vincere la fobia? Il primo passo è mettere in atto quelle che gli psichiatri chiamano strategie di evitamento: un insieme di espedienti per evitare di trovarsi al buio, finendo in preda al panico. «Per esempio, mettere vicino al letto una luce dotata di timer, che si spegne un’ora o due dopo che ci si è coricati», suggerisce Vender. «Ancora: acquistare lampade che si accendono in caso di blackout o lasciare in luoghi facilmente raggiungibili torce elettriche a pile».
Se le strategie di evitamento non sono sufficienti e la paura del buio assume caratteri patologici, che rendono difficile la quotidianità, è consigliabile rivolgersi a uno specialista. «Una delle psicoterapie più collaudate per questo tipo di problema è quella cognitivo-comportamentale: si invita il paziente a vivere le esperienze di cui ha paura per aiutarlo a superare la fobia», spiega Vender. «Per risolvere il problema può bastare un ciclo di dieci sedute settimanali, ma a volte servono alcuni mesi di incontri».
Simone Fanti – OK La salute prima di tutto
Ultimo aggiornamento: 21 gennaio 2011