Salute

Abbuffate e vomito: è la bulimia

Odio e amore per il cibo. L'identikit della bulimica e i consigli dello psichiatra per aiutarla

Odio e amore per il cibo, abbuffate e vomito: è questa la bulimia nervosa, un disturbo alimentare che purtroppo è in continua crescita. Secondo il ministero della Salute, si arriva ormai a 12 casi ogni 100mila abitanti. Quel che angoscia è che il problema riguarda tante adolescenti e ragazzine. Già, la maggioranza delle persone bulimiche è di sesso femminile: sono ragazze e donne tra i 15 e i 35 anni, ma anche nelle quarantenni e tra gli uomini esiste un certo rischio.

Cosa significa la parola bulimia?

«Letteralmente, la parola bulimia sta per fame da bue, cioè un’attrazione incontrollabile per il cibo e il contemporaneo rifiuto». Paola Sacchi è responsabile del servizio per le dipendenze Asl Città di Milano. «Ci sono abbuffate compulsive, immediati pentimenti e tentativi di compensazione per limitare i danni con il vomito, i lassativi, i diuretici, i clisteri, o l’esercizio fisico massacrante».
È una dipendenza, come l’uso di droghe o il gioco d’azzardo, e proprio per questo diventa molto difficile interrompere il cortocircuito.

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Si divora di tutto, anche i prodotti scaduti

Intendiamoci, la passione per il cibo non ha niente a che vedere con la bulimia. Insomma, non è detto che chi è goloso abbia un disturbo alimentare. «Anche la fame nervosa non c’entra. Mangiare con voracità vuol dire al massimo avere un atteggiamento bulimico, ma non un disturbo del comportamento alimentare».

«Per individuare un caso di bulimia bisogna che si verifichino alcune condizioni. La persona bulimica a tavola appare normale. Le sue abbuffate avvengono di nascosto, con una perdita di controllo quasi totale, mescolando cibi diversi senza badare alle associazioni dei sapori, alla cottura e perfino allo stato di conservazione. Nei casi più gravi si mandano giù perfino cibi semicongelati o scaduti».

Bulimia: il ruolo dei sensi di colpa

Durante l’abbuffata scattano senso di colpa, sfiducia in sé stessi e desiderio di riparazione e autopunizione. Quando si smette di mangiare (e questo accade solo quando il bulimico si sente pieno, fino al malessere), si tenta di espellere il cibo. Il vomito è la reazione più tipica. All’inizio viene provocato meccanicamente (le dita o un oggetto spinti in gola), poi, quando il disturbo dura da tempo, diventa facile vomitare a comando.
L’aspetto fisico può non indurre sospetti, né sovrappeso né magrezza eccessiva. Le abbuffate segrete sono bilanciate dall’eliminazione del cibo e dalla palestra, quindi è possibile che a lungo nessuno noti nulla.

I segnali che mettono in allerta il medico

È vero, però, che l’ occhio del medico può aiutare.

  • La fissazione assoluta per la linea dovrebbe far sospettare un problema.
  • Gli esami del sangue possono mettere in evidenza la diminuzione di potassio, sodio e cloro (sono i cosiddetti elettroliti).
  • La perdita di succhi gastrici con il vomito fa aumentare il bicarbonato nel siero (si chiama alcalosi metabolica) oppure, se vengono usati i lassativi, si può instaurare un’acidosi metabolica.
  • I denti rischiano di diventare più scuri e di scheggiarsi facilmente, con frequenti carie: è il vomito, che a lungo andare causa la perdita dello smalto.
  • Le dita possono diventare callose a furia di stimolare il vomito.
  • Le ghiandole salivari possono gonfiarsi, sempre a causa del vomito, fino a simulare addirittura la parotite (orecchioni).

Bulimia: ecco l’identikit di chi ne soffre

Il paradosso nei confronti del cibo (amore e odio) è l’espressione della scissione tipica della personalità bulimica. Di solito, la vittima di questo disturbo è una giovane donna efficiente, brava a scuola e nel lavoro. La donna vincente agli occhi del mondo. «In realtà, dietro a questa immagine si nascondono una grande sfiducia in se stessi, scarsa autostima e un bisogno enorme degli altri». Cesare Casati è consulente psichiatra dell’Asl di Bergamo.

Il primo consulto: lo psichiatra

La buona, anzi ottima, notizia è che dalla bulimia si può guarire. L’intervento dello psichiatra è fondamentale per distinguere i casi di vera malattia dalle forme blande e per decidere la terapia: il percorso non è breve e può prevedere vari tipi di cure. È davvero importante non affidarsi a improvvisazioni o auto-aiuti: il disturbo alimentare dev’essere affrontano con gli specialisti. L’immagine riuscita e forte che la bulimica dà di se stessa rende spesso difficile la richiesta di aiuto: si fa fatica ad ammettere che si ha bisogno della psichiatria, però il guadagno è la guarigione ed è incomparabilmente superiore alla piccola, trascurabile perdita di sicurezza agli occhi degli altri.

FONTE: Istituto Superiore di Sanità

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