Veronesi e il razzismo: Testo di Umberto Veronesi e Maria Giovanna Luini.
Impossibile dirsi adulti e liberi se non si è capaci di esercitare la tolleranza. Le idee degli altri e i loro comportamenti hanno valore identico ai nostri. L’altro è simile a me e pari nella dignità e nel diritto di essere se stesso. È un concetto che nessuno ci aiuta a imparare. Ci insegnano a essere buoni in modo generico, ma insegnamenti del genere non hanno sostanza: è inevitabile scontrarsi con problemi che mettono in discussione la capacità di «essere buoni» e vanificano ogni proposito.
Essere tolleranti non significa essere buoni, ma esercitare libertà di pensiero e capire così che non è nostro compito giudicare l’altro per ciò che è e fa, per le sue parole e azioni. Se ci pensate, giudicare implica una serie di conoscenze di cui è impossibile disporre: per esprimere un giudizio su qualcuno devo conoscere ogni minimo dettaglio presente e passato, essere sicuro che non manchino informazioni utili a comprendere perché si sia comportato così in una certa situazione. Nessuno può dire onestamente di conoscere tutto questo: quindi giudicare non solo è difficile, è impossibile!
Certo, le nostre opinioni ci spingono automaticamente a formulare un giudizio: quando assistiamo alle azioni dell’altro è spontaneo che in noi nasca un parere in merito. Di per sé è giusto, significa che abbiamo il cervello e lo facciamo funzionare. Il giudizio, però, può trasformarsi in azione solo se il comportamento dell’altro diventa un modello positivo o negativo: possiamo decidere di imitare o meno chi osserviamo, possiamo tentare di aprire un dialogo che risolva il conflitto, ma non dovremmo mai limitare o danneggiare l’altro. Meno che mai possiamo togliergli la facoltà di esprimersi come desidera e ritiene meglio.
Tuttavia il mio invito è di non lasciarsi andare facilmente a giudicare, ma seguire la strada più difficile, cioè capire. Commettere un grave errore ci espone inevitabilmente al giudizio collettivo. Pochi però creano uno spazio per capire, cioè decifrare le ragioni più profonde di quel comportamento.
Noi medici davanti a una malattia non ci accontentiamo di curarne i sintomi, ma andiamo alla ricerca delle cause, con un’indagine che chiamiamo eziologica: solo eliminando la causa possiamo eliminare la malattia. Lo stesso si dovrebbe fare nella vita. Anche un atto criminale dovrebbe essere capito: se non conosciamo le cause pregresse o contingenti della criminalità, non potremo mai eliminarla. Ma se ne scopriamo le cause e le origini possiamo sperare di sradicare il comportamento deviato.
Peggiori o migliori per il colore della pelle? No!
Quando vedo scene raccapriccianti di guerre, stermini, morti per faide incomprensibili, quando assisto incredulo ai pestaggi sanguinosi tra tifosi di squadre avverse, quando nei dibattiti vedo alzarsi i toni e gli interlocutori si zittiscono in modo violento mi chiedo come sia possibile avere raggiunto un livello così pericoloso di intolleranza. I propositi di bontà e pace non servono a nulla se non siamo capaci di rispettare l’altro. Intolleranza è razzismo, che esiste anche ai giorni nostri come una delle manifestazioni più degradanti della mancanza di cultura.
Pensate che esageri? Purtroppo nel mondo occidentale ancora capita che una persona con la pelle di colore diverso sia giudicata inferiore, pericolosa, «colpevole» di non si sa quale reato. Un esempio: due donne, una con la pelle chiara e l’altra con la pelle scura, entrano insieme in un locale alla moda di una grande città; potete essere quasi certi che alla donna con la pelle chiara daranno del lei, all’altra del tu. Perché? Perché con i cosiddetti extracomunitari, distinti da noi di solito in base a differenze fisiche, si deve usare un tono confidenziale anche se non si sono mai incontrati? Questo è razzismo, meno evidente rispetto ad altre manifestazioni, ma lo è. Quindi intolleranza.
Anche le scelte sessuali sono oggetto di intolleranza: che bisogno c’è di ribadire l’orgoglio degli omosessuali? Quel bisogno indica che la tolleranza non esiste, che una parte della popolazione non è ancora capace di accettare sentimentali e sessuali diverse e normalissime. Ma a chi importa, poi, la scelta sessuale del vicino di casa, del fratello (o sorella), del figlio o amico? In che modo il colore della pelle, la cultura, le relazioni amorose possono rendere qualcuno migliore o peggiore?
L’amore, per definizione, è un sentimento di affetto, vicinanza, sostegno, quindi di generosità. Amare significa donare una parte di se stessi a un altro. L’altro può essere naturalmente un parente, un genitore, un fratello o un figlio, ma può anche non fare parte della famiglia, a prescindere dal sesso. L’amore è un valore universale che non fa distinzioni, non le può fare se è davvero amore. Capita che definiamo amore un altro sentimento, un’altra sensazione, dimenticando che l’amore è solo e sempre gratuito, altruista, disinteressato, senza discriminazione.
Basta comportamenti brutali contro le donne
La sessualità può accompagnarsi o meno alla pulsione amorosa. Non confondiamo il sesso con l’amore: stanno insieme oppure no, dipende dalle situazioni. Noi ora stiamo parlando dell’amore vero, che è altruistico (se voglio bene a una persona voglio il suo bene, anche se per questo dovrò soffrire), e non dell’amore possessivo e violento, così spesso causa di tragedie. Purtroppo una lunga tradizione maschilista lascia ancora il proprio segno nei comportamenti brutali del maschio nei confronti della femmina. In Italia il 90% degli omicidi è perpetrato dagli uomini, la grande maggioranza delle vittime sono donne.
Considero intolleranza latente anche le battute di spirito sciocche. Sottolineare la diversità dell’altro con una barzelletta o un motto spiritoso indica che quella differenza per noi è importante, che siamo pronti a vederla. Essere tolleranti è avere capito che la libertà non si esprime schiacciando l’altro. Anzi, più siamo tolleranti più esercitiamo il pieno possesso delle nostre facoltà mentali e dimostriamo di essere evoluti, pronti a costruire il futuro e essere da esempio per chi ci vive intorno.
Esercitatevi alla solidarietà e scoprirete un’immensa gioia interiore, un senso di gratificazione, leggerezza ed equilibrio con il mondo. Penso che agire ogni giorno con solidarietà sia un atto di benefico egoismo: quando diamo agli altri ci sentiamo così bene da credere che forse l’abbiamo fatto per noi stessi. Facciamo il bene degli altri perché è un dovere, poi scopriamo che è diventata un’abitudine gioiosa e non possiamo più smettere. Per ricevere sul serio dobbiamo dare. Scettici? Fate la prova. È meglio godere da soli di qualcosa che possedete o condividerlo con gli altri?
Solidarietà è un’altra parola nella mia personale scala di valori, ma forse è quella che meno si accontenta di restare solo una parola. Solidarietà e? azione concreta. Che si tratti di dare presenza fisica, supporto psicologico oppure implichi donare qualcosa di nostro, mette in moto tante parti della mente e del corpo e vivifica, rende liberi e sani. Alcuni scienziati hanno scoperto che quando si dona agli altri nel cervello si attivano aree che fanno provare soddisfazione: con la risonanza magnetica funzionale i ricercatori hanno osservato cosa accade a chi compie un gesto generoso e hanno concluso che la solidarietà è parte dell’essere umano, prevista dalle strutture stesse della mente. Dare attiva neuroni che stimolano il piacere.
Talvolta chi ha commesso un crimine viene condannato a servire gli altri nelle comunità sociali: è quindi obbligato a dare, a esercitare quotidianamente la solidarietà per un certo periodo di tempo. Comprendete il senso di questa apparente condanna? Secondo me si tratta di offrire loro l’opportunità di rendersi conto che dare fa crescere moralmente e spiritualmente (anche nell’ambito di uno spirito laico, al di fuori di considerazioni religiose): la conseguenza più frequente è che continuano a lavorare al servizio degli altri al termine della condanna. Vanno avanti perché hanno scoperto che è impossibile vivere dedicandosi solo a se stessi e al proprio tornaconto: per sentirsi bene bisogna dare agli altri.
Un periodo di volontariato dovrebbe essere obbligatorio per tutti. Tanta gente ha la necessità di ricevere aiuto, e non si parla solo di aiuto economico: la solidarietà è un’attitudine globale, penetra nella nostra quotidianità e ci rende migliori, anche quando essere solidali implica solo stringere la mano a chi si sente triste e solo. Dare è un verbo imprescindibile, fa parte di noi. Chi perde l’istinto a dare agli altri perde se stesso e non può dirsi libero. Buon Natale.
Umberto Veronesi
ll testo è tratto dal libro edito da Salani Siate liberi (9 euro, 164 pagine), una sorta di manifesto per insegnare ai ragazzi il valore della libertà, l’amicizia, la tolleranza, la pace, scritto da Umberto Veronesi e Maria Giovanna Luini. Le riflessioni di Veronesi, a ridosso del Natale, suonano come un invito per tutti a riflettere sull’importanza di rispettare gli altri. Perché amore e solidarietà non siano parole vuote, ma dense di significato nella vita di tutti i giorni. Per giovani e meno giovani.