Non è fantascienza ma pura realtà. Anche i robot chirurghi comandati a distanza attraverso il web possono subire attacchi da parte dei pirati informatici, con conseguenze potenzialmente letali per i pazienti in sala operatoria. Lo hanno dimostrato i ricercatori della Washington University di Seattle simulando in laboratorio un attacco hacker al robot chirurgo Raven II che loro stessi avevano sviluppato.
I risultati del test, pubblicati sul sito Arxiv.org, dimostrano quanto sia facile disturbare le operazioni del robot e perfino prenderne il controllo. «Abbiamo anche impedito il reset del robot – precisano i ricercatori – rendendo di fatto impossibile ogni tipo di intervento».
E’ bene ricordare, però, che questa simulazione rappresenta solo una prova di principio, e non vuole certo terrorizzare i pazienti di tutto il mondo che ogni giorno si affidano ai sapienti microchip dei robot chirurghi per risolvere i propri probelmi di salute. Di certo, questi risultati rappresentano però un importante campanello d’allarme per gli esperti che studiano la sicurezza dei sistemi di telemedicina. Forse è giunta l’ora di fare un bel “tagliando” a 14 anni di distanza dalla prima operazione di telechirurgia, avvenuta nel 2001 con il chirurgo a New York e il paziente a Strasburgo. Da allora si sono susseguiti molti altri interventi, che hanno permesso di trasformare una tecnica sperimentale in una realtà concreta, spesso l’unica possibilità per portare le procedure chirurgiche in luoghi difficili da raggiungere, come i campi di battaglia o addirittura lo spazio.