Sessualità

Vincere la paura dell’acqua

Focus di Giancarlo Cerveri, psichiatra all'azienda ospedaliera Fatebenefratelli Oftalmico di Milano.

Focus di Giancarlo Cerveri, psichiatra all’azienda ospedaliera Fatebenefratelli Oftalmico di Milano.

La paura patologica dell’acqua, o idrofobia, spesso nasce da bambini, dopo un trauma (anche una «bevuta» con relativa apnea può essere sufficiente), ed è da giovani che è più facile superarla, quando il sistema nervoso è ancora plastico e facilmente modificabile, anche sotto l’aspetto emotivo. La paura, intesa come una risposta fisiologica a uno stimolo che il cervello (anche inconsciamente) considera minaccioso, è un sentimento necessario, perché ci permette di stare lontani dal pericolo. Quando, però, s’innesca di fronte a situazioni obiettivamente non pericolose, si trasforma in ansia e scatena appunto la fobia.

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EFFETTI. L’idrofobia causa un’anomala risposta di tipo cognitivo e neurormonale, con manifestazioni fisiche come dilatazione delle pupille, irrigidimento degli arti, tachicardia, respirazione incontrollata, aumento del battito cardiaco, della pressione e della sudorazione. La persona che ne soffre sa, razionalmente, che la situazione (come una lezione di nuoto in piscina o un bagno al mare) è priva di pericoli reali, eppure gli basta solo pensarci per provare una paura irrazionale, come se si trovasse di fronte ad un pericolo di vita. E il fobico cerca di evitare la situazione paurosa a tutti i costi.

TERAPIA. Per superare il problema vanno evitate le forzature, a qualsiasi età. Vietatissimo buttare il fobico in acqua e aspettare che in qualche modo se la cavi e inizia a nuotare, perché proprio l’incontrollata risposta neurofisiologica all’ansia potrebbe portare la persona ad affogare. Di norma si usa la cosiddetta terapia di apprendimento, ovvero l’esposizione graduale alla situazione ansiogena, per aiutare il paziente a ridurre, piano piano, il terrore di abbandonarsi. Questo avvicinamento progressivo va fatto con un istruttore qualificato: uno psicoterapeuta comportamentale, ma, in alcuni casi, anche solo una persona di fiducia (purché in grado di insegnare le tecniche corrette di galleggiamento e di nuoto, affinché il fobico possa imparare a nuotare in modo corretto: guarda quali sono gli errori da evitare).

PICCOLI TRUCCHI. Qualche accorgimento può aiutare: non mettere subito la testa sott’acqua, sollevare i piedi dal fondo solo se si è adeguatamente sostenuti al bordo della piscina o, nel caso di «terapia» in mare, tenere sempre le spalle all’orizzonte, il che attenua molto la paura dell’acqua profonda.

BAMBINI. Con i piccoli è molto più facile superare l’idrofobia: verso i tre o quattro anni la presenza rasserenante di un adulto di fiducia aiuta, quasi sempre, a riprendere un rapporto corretto con l’acqua.
Giancarlo Cerveri, psichiatra all’azienda ospedaliera Fatebenefratelli Oftalmico di Milano

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