Antonella Clerici è diventata mamma di Maelle il 21 febbraio 2009, quando aveva 45 anni. Qui il racconto della sua esperienza, su OK di agosto 2010.
«Mi permettete di essere franca? Voglio servirmi delle pagine di OK per un appello diretto, forse controcorrente. Donne, non aspettate una vita intera per fare un figlio! Informatevi sui limiti, i rischi e le difficoltà di una gravidanza dopo i 40. E non credete a chi vi rassicura: con un paio di esami e due punturine, oggi si diventa mamme senza fatica. Falso.
Quando sono rimasta naturalmente incinta la prima volta, il sogno è durato poco. Dopo due mesi ero in sala operatoria per un raschiamento.
Un’esperienza che non auguro a nessuno: perdere un bambino è un dolore nero e sordo che ti accompagna a ogni passo come un rombo, e non ti lascia respirare. Però non mi sono data pace.
Il desiderio di maternità era cresciuto a dismisura dentro di me. Guardavo Eddie, il mio uomo, e volevo un figlio che avesse il suo stesso sguardo. Ma a 43 anni volere non è potere. Viviamo in una società che ci invita a essere sempre toniche, a investire su brillanti carriere e a far forza sulla nostra intelligenza e sulle nostre potenzialità. Tutto vero, e guai a chi comincia a vedersi brutta e poco attraente solo perché agli “enta” si sostituiscono gli “anta”.
Ma la saggia mamma Natura ha predisposto un disegno ben più complesso per noi donne: quello di diventare, oltre che professioniste affermate, anche madri. E ci detta tempi e limiti invalicabili: sono come un tempio sacro che non possiamo permetterci di violare con troppa arroganza. Ho dovuto imparare che la maternità è un discorso dove, dopo una certa soglia, un anno vale dieci. Quella soglia comincia dai 35 anni. E io li avevo già passati.
Però ero convinta di partire avvantaggiata. L’essere rimasta incinta una volta e la mia determinazione mi facevano sentire sulla buona strada.
Ho cominciato con i metodi naturali per il controllo della fertilità: il termometro per misurare i giorni giusti e anche l’agopuntura e schifosi decotti spacciati per miracolosi. Ma il mio desiderio rimaneva inesaudito.
Con l’isterosalpingografia, una sorta di idraulico liquido con cui ti controllano se le tube di Falloppio sono aperte, mi sono tolta un ultimo dubbio. I miei organi funzionavano alla perfezione. Quindi, cos’è che non andava?
La stimolazione ormonale
è stata un pellegrinaggio
Per me era arrivato il momento di rivolgermi a un centro specializzato. È allora che sono comparse due parole e una speranza: stimolazione ormonale. Non vi racconterò per filo e per segno che tipi di sostanze mi hanno somministrato e in che dosi. Credo che ogni donna debba seguire il suo percorso, con il consiglio di esperti qualificati.
Di metodi ce ne sono diversi: in Italia solo grazie alle ultime modifiche della odiosa legge 40 ci stiamo avvicinando a una regolamentazione che agevoli le future mamme.
Il mio è stato una sorta di pellegrinaggio, fisicamente e psicologicamente complesso, in certi giorni difficilissimo da sopportare, in altri impossibile da spiegare ad amici, colleghi, parenti, allo stesso Eddie.
Nascondevo in camerino le fiale con i medicinali e le siringhe, per paura che qualcuno pensasse: “Che scoop: Antonella Clerici nel tunnel dell’infertilità”.
Il sesso solo per procreare
sfinisce una coppia
Fare l’amore era diventato un’ossessione tormentata più che un piacere gioioso. Man mano che crescevano le dosi di ormoni che mi somministravano, ero sempre più stanca, irritata, il seno ingrossato mi doleva, mi veniva da piangere. E della gravidanza nemmeno l’ombra.
Chiunque decida di intraprendere questo cammino, tenga conto degli effetti collaterali. Prima di iniziare qualsiasi cura rompete le scatole ai vostri medici affinché vi spieghino quello che c’è da sapere. Io continuavo a fare domande alla dottoressa che mi seguiva e le risposte non mi sembravano mai abbastanza.
Un altro rischio che dovete sapere di correre, e che io ho scampato, è questo: un uomo non accetta tanto facilmente che la sua donna abbia in testa una sola ambizione: rimanere incinta. Continuate a lasciare uno spazio per il divertimento a letto.
Non è semplice, lo capisco. Ma è un modo per non focalizzare tutte le attenzioni su quel bambino che non arriva.
Se iniziate a fare l’amore solo per procreare, vi sfinirete, trasformerete una magia in un atto meccanico e magari dovrete ricorrere all’aiuto di uno psicologo per uscire da questa spirale che soffoca il rapporto.
Figli e lavoro inconciliabili?
Non badate a chi lo dice
Io sono stata fortunata. Se dovessi usare una metafora calcistica, mi definirei come un buon mediano che segna molte reti.
Il grande gol da attaccante della mia vita è arrivato dopo due anni di attesa e di cure. Si chiama Maelle, è nata il 21 febbraio 2009.
Non badate a chi vi dice che un figlio non si concilia con la carriera. Basta volerlo e tutto troverà un’armonia. Certo sarebbe più facile, ora che la mia piccola comincia a crescere e io non la voglio perdere di vista un attimo, se alla Rai ci fosse un nido… Ma questa è un’altra storia».
Antonella Clerici (testo raccolto da Francesca Gambarini per OK La salute prima di tutto di agosto 2010)