La graviola, simile a un melone verde spinoso, con la polpa gialla, è un frutto gustoso, ma da qualche tempo il nome è diventato sul web sinonimo di cura anticancro. Tutto nasce dalle sostanze contenute soprattutto in foglie e corteccia della pianta, tipica delle foreste tropicali asiatiche e sudamericane: sono cis-annonina e acetogenine, che hanno dimostrato in vitro la capacità di danneggiare alcuni tipi di cellule cancerose.
È bastato questo per far fiorire la leggenda, su siti e social network, che la graviola sarebbe in grado di agire sui tumori meglio della chemioterapia e che siano le case farmaceutiche a boicottarne l’uso. La verità è che non esistono ricerche su larga scala che convalidino le proprietà antitumorali di questa pianta sugli uomini.
«Sulle supposte capacità curative della graviola contro il cancro sono in atto alcuni studi che non hanno dato risultati positivi», ha scritto il grande oncologo Umberto Veronesi sul sito di OK. «Sono invece provate altre virtù della pianta: ha proprietà antipiretiche, decongestionanti e digestive». È solo per questi usi, dunque, che può aver senso assumere gli integratori in capsule e compresse a base di graviola venduti in erboristeria.
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