“Ogni felicità è un’innocenza” scriveva Marguerite Yourcenar nel 1929. Da allora di innocente è rimasto ben poco e anche la felicità è diventata cosa rara, quasi un tabù, soffocata da crisi economiche, politiche e morali. Per parlarne ci vuole coraggio. Quello che non manca a Luis Sepulveda e Carlo Petrini, due rivoluzionari che prima hanno conversato e poi scritto “Un’idea di felicità” (Guanda). C’è molto feeling tra il grande scrittore cileno e il “papà” di Slow Food che in comune hanno il valore del tempo, il bisogno della poesia e la consapevolezza come guida di ogni azione. Ma a unirli c’è anche un piccolo animale silenzioso che Petrini ha scelto come simbolo della propria filosofia eno-gastronomica e che Sepulveda ha immortalato in una favola dedicata al nipotino. Come la lumaca, anche loro sono lenti e saggi. La chiocciola “possiede il giusto, solamente il giusto” spiega Sepulveda che continua la sua battaglia per un mondo più equilibrato, a partire dall’ambiente, dopo una vita da combattente (è stato guardia del corpo di Salvador Allende, prigioniero dopo il golpe del generale Pinochet e al fianco di Simon Bolivar in Nicaragua). Gli anni passano, le cicatrici si assottigliano, ma Sepulveda non perde il filo della sua storia. “La vita è breve, buona, e c’è un diritto fondamentale che è il diritto alla felicità. Che non si manifesta e non si deve confondere – scrive – con una sorta di diritto naturale a diventare ricco, o a soverchiare gli altri. Parliamo di un’altra felicità. Delle soddisfazioni piccole, che però valgono molto”. Come fa chi bada all’essenziale. Come insegna la lumaca.
Raffaella Caprinali
14/05/2014