L’aniridia è caratterizzata dalla mancanza parziale o completa dell’iride, la parte colorata dell’occhio. Si tratta di una patologia oculare estremamente rara che colpisce un neonato su 40.000/100.000, senza una chiara prevalenza di sesso. Comporta una capacità visiva molto bassa, di solito inferiore a 1-2/10, per alterato sviluppo della fovea, la parte centrale e più specifica della retina. Paolo Rama, Primario dell’Unità di Oculistica, Cornea e Superficie Oculare all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, spiega di cosa si tratta.
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Quali sono le cause?
L’aniridia è presente alla nascita ed è causata da una mutazione del gene PAX6, situato sul cromosoma 11, che determina un mancato completamento dello sviluppo dell’occhio. Nel 70% dei casi la malattia è trasmessa come carattere autosomico dominante da genitori portatori della mutazione (aniridia ereditaria). Nel 30% dei casi, invece, deriva da una mutazione genetica sporadica, che si verifica in un bambino i cui genitori non sono portatori della malattia (aniridia sporadica).
Ci sono patologie associate all’aniridia?
Possono essere presenti, in misura variabile, la fotofobia (sensibilità alla luce) e il nistagmo (movimento involontario del bulbo oculare). L’aniridia può essere complicata da glaucoma (elevata pressione interna al bulbo oculare), cataratta congenita (opacità del cristallino presenta alla nascita) e neovascolarizzazione della cornea con perdita di trasparenza. Le complicanze non sono sempre presenti né prevedibili.
L’aniridia può essere parte della sindrome di Wagr
L’aniridia può verificarsi come parte di un’altra malattia genetica conosciuta come sindrome di Wagr. Colpisce più di un gene sul cromosoma 11 e la mutazione può variare da paziente a paziente. L’acronimo Wagr descrive i quattro sintomi più comuni: tumore di Wilms (tumore renale infantile), aniridia, anomalie genito-urinarie e ritardo mentale.
Come si diagnostica?
L’aniridia viene di solito diagnosticata alla nascita dal pediatra, ma gli stessi genitori si accorgono subito del riflesso anomalo degli occhi e della mancanza del colore dell’iride. Di solito viene consigliata una consulenza genetica finalizzata a chiarire la modalità della trasmissione e l’associazione ad altre malattie. Consigliati anche regolari controlli oculistici e nefrologici con ecografia renale per escludere il tumore di Wilms. Il pediatra suggerisce inoltre eventuali terapie di sostegno per quanto riguarda il movimento, il linguaggio e l’apprendimento in generale.
Quali sono le prospettive di cura dell’aniridia?
Non è ancora possibile sperare che un giorno si riesca a fare un trapianto di occhio o di iride per ridare a queste persone un recupero totale, sia estetico che visivo. Si punta però a trovare una soluzione alla neovascolarizzazione corneale. Questa si manifesta di solito tra i 18 e i 20 anni e fa ulteriormente calare la capacità visiva con progressiva perdita dell’autosufficienza sociale e lavorativa. I progressi nella terapia con cellule staminali o la terapia genica tengono viva la speranza di trovare un giorno una risposta.