Quando l’esofago, per rispondere agli attacchi acidi del reflusso, sostituisce la sua mucosa squamosa con un epitelio simile a quello che ricopre stomaco e duodeno si parla di esofago di Barrett. Nella videointervista Riccardo Rosati, Primario dell’Unità di Chirurgia Gastroenterologica e dell’Unità Week Surgery dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, spiega come si cura questo disturbo spesso asintomatico.
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Per curare l’esofago di Barrett si fa una terapia anti-reflusso
Se c’è una diagnosi di esofago di Barrett è indispensabile procedere con una terapia anti-reflusso. Normalmente questa è farmacologica, con inibitori di pompa protonica e procinetici. Con questo trattamento si diminuisce la secrezione gastrica, favorendo lo svuotamento dello stomaco per diminuire il reflusso. La terapia anti-reflusso può anche essere chirurgica. L’intervento, che si fa normalmente in laparoscopia, consiste nel far rifunzionare la valvola “difettosa” che porta all’insorgenza del reflusso.
Gli interventi che fermano per sempre il reflusso
Quando la terapia anti-reflusso non basta
Se l’esofago di Barrett ha già dato una displasia, questa terapia anti-reflusso non basta. In questo casi si può optare per una terapia endoscopica, cioè un’ablazione con radiofrequenza. Con una sonda si brucia superficialmente questa mucosa di Barrett neoformata, eliminandola. Così facendo si ripristina un ambiente non acido, nel quale ricrescerà un epitelio normale dell’esofago.
Chiara Caretoni
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