Nel 1969 l’americano William Wolff e il giapponese Hiromi Shinya hanno un’intuizione geniale che segna la storia della medicina e rivoluziona quella della diagnostica. In un ambulatorio del Beth Israel Medical Center di Manhattan, i due medici praticano la prima colonscopia con un endoscopio flessibile a fibre ottiche, dopo aver ipotizzato che lo strumento, allora ampiamente utilizzato per le gastroscopie, se progettato in maniera particolare, potesse analizzare anche un altro tratto dell’apparato digerente. Così, nel giro di tre anni, i due pionieri perfezionano quella tecnica che oggi, a distanza di mezzo secolo, è riconosciuta come la più efficace nella diagnosi precoce non solo del tumore del colon-retto ma anche di altri disturbi e patologie dell’intestino.
Roberto Penagini, professore di gastroenterologia all’Università degli Studi e responsabile del servizio di endoscopia alla Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, ci spiega come si esegue e a cosa serve.
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Come si svolge la colonscopia?
Grazie alla colonscopia siamo in grado di attraversare, e quindi di analizzare, tutte le porzioni di intestino crasso per indagarne lo stato di salute. Dopo aver fatto distendere sul fianco sinistro il paziente, che assume una posizione rannicchiata con le ginocchia leggermente piegate, si inserisce nell’ano una sonda flessibile e lubrificata. Questo tubicino, che all’apice è munito di microcamera e fonte luminosa, risale nel retto e nei segmenti di intestino crasso, cioè sigma, colon discendente, colon trasverso, colon ascendente e cieco. Poi si ferma in prossimità della valvola ileocecale, in corrispondenza con l’inizio dell’intestino tenue. Contestualmente, per poter visualizzare in maniera ottimale la mucosa interna, lo specialista provvede a distendere le pareti intestinali. Lo fa insufflando aria o anidride carbonica, sempre attraverso il colonscopio.
Quando si deve fare
Sebbene sia lo spauracchio di molti, più o meno al pari della gastroscopia, questo esame risulta imprescindibile in diverse occasioni. Viene, ad esempio, suggerito quando bisogna ricercare l’origine di disturbi che possono far pensare a una malattia o a un malfunzionamento del colon, come frequenti episodi diarroici, stipsi improvvisa, dolori addominali inspiegabili, presenza di sangue e/o muco nelle feci, sanguinamento rettale e sensazione prolungata di incompleta evacuazione. Inoltre, in assenza di particolari sintomi, la colonscopia è indicata per lo screening del tumore del colon-retto quando la ricerca del sangue occulto delle feci risulta positiva. Può essere comunque eseguita come prima indagine se la persona sana presenta alcuni fattori di rischio come la familiarità per questa forma neoplastica.
Durante la colonscopia si possono rimuovere anche i polipi
L’esplorazione dell’intestino crasso consente di individuare eventuali lesioni od occlusioni intestinali, patologie infiammatorie, come la malattia di Crohn, la diverticolite e la rettocolite ulcerosa, neoplasie maligne o formazioni benigne, quali ad esempio i polipi. Questi sono escrescenze della mucosa del colon di natura benigna che, se trascurate e lasciate in sede, a lungo andare possono anche degenerare in tumori maligni. A oggi non è ben chiaro come mai si formino e perché alcune persone, più facilmente di altre, li sviluppino. Dagli studi condotti finora sembra che all’origine ci sia una combinazione di fattori genetici, ambientali e alimentari. Se durante lo svolgimento dell’esame vengono individuati uno o più polipi, dunque, lo specialista inserisce nella sonda un apposito elettrobisturi che consente di recidere e asportare l’escrescenza e, al tempo stesso, di cauterizzare la ferita, senza che il paziente debba tornare una seconda volta in ospedale o in ambulatorio.
I polipi intestinali possono trasformarsi in tumore?
La valutazione istologica dei campioni prelevati
Il polipo estratto viene poi sottoposto a una valutazione istologica, la stessa che viene effettuata anche dopo aver eseguito una biopsia. Sì, perché durante la colonscopia è possibile prelevare piccoli campioni di tessuto o di mucosa con una pinza che viene appositamente inserita nell’endoscopio. Questa procedura viene praticata soprattutto quando lo specialista rileva delle alterazioni sospette o quando la sintomatologia avvertita dal paziente può far presupporre la presenza di una patologia infiammatoria che può essere diagnosticata solo al microscopio.
Come ci si prepara alla colonscopia
In vista della colonscopia, che può durare anche 30-40 minuti, è necessario seguire scrupolosamente le indicazioni fornite al momento della prenotazione. Per consentire una corretta esplorazione delle superfici del colon, infatti, è indispensabile mettere in atto la preparazione intestinale suggerita. Di solito, tra il pomeriggio del giorno prima e la mattina stessa dell’esame, il paziente deve assumere un lassativo in bustina da sciogliere in 2-4 litri di acqua per poter svuotare completamente e ripulire l’intestino», spiega il gastroenterologo. Per i due-tre giorni che precedono l’esame diagnostico bisogna astenersi da frutta, verdura, cereali integrali e legumi, che lasciano nell’intestino elevate dosi di scorie. Si possono mangiare senza problemi uova, carne e pesce. La sera prima della colonscopia, invece, è necessario attenersi a una dieta liquida. Via libera ad acqua, brodo, camomilla, tè e tisane. Il giorno stesso bisogna ovviamente presentarsi a stomaco vuoto.
Poiché nel corso della colonscopia si può procedere con una biopsia o con l’asportazione di polipi, lo specialista può modificare temporaneamente la terapia in chi solitamente assume degli anticoagulanti orali in modo che, nelle ore precedenti e seguenti all’esame, il sangue possa coagulare in maniera ottimale e non si verifichino complicanze di alcun tipo.
Sedazione con tranquillanti e antidolorifici
Oltre all’imbarazzo e al senso di vergogna, molti temono di avvertire dolore durante l’esame diagnostico. In realtà, questa procedura non causa generalmente particolari problemi se non un po’ di fastidio alla pancia. Ciò è dovuto al fatto che con il movimento del colonscopio si creano delle anse e si immette dell’anidride carbonica. Comunque, per evitare alcun tipo di disturbo, di norma si opta per una sedazione cosciente. Si somministrano un tranquillante e un antidolorifico, che consentono al paziente di essere vigile ma al contempo rilassato. Raramente, soprattutto nelle persone che hanno subito un intervento all’addome, l’esame può risultare doloroso e quindi si procede con una sedazione profonda. In entrambi i casi il paziente, al termine dell’esame, rimane sdraiato per circa mezz’ora su un lettino in una «sala di risveglio».
La sedazione può lasciare stanchezza e spossatezza. Per questo motivo bisogna recarsi all’appuntamento accompagnati. Meglio riposarsi per il resto della giornata ed evitare, anche nelle ore successive, di guidare.
Dopo la colonscopia si possono avere mal di pancia e meteorismo
Dopo essersi sottoposti a questo esame, è possibile che si verifichino alcuni disturbi di lieve entità. Il paziente può avvertire, infatti, un leggero mal di pancia causato dal gonfiore addominale, un po’ di meteorismo dovuto alla necessità di espellere l’aria insufflata durante la procedura e tracce di sangue alle prime evacuazioni solo in seguito a biopsie o asportazione di polipi. Se a questi sintomi dovessero aggiungersi sanguinamento rettale, dolore addominale severo, febbre alta, vomito e malessere è meglio rivolgersi al pronto soccorso. Bisogna escludere due complicanze rarissime, cioè la perforazione dell’intestino e l’emorragia interna.
La colonscopia virtuale è solo per pochi
L a colonscopia è un esame invasivo che fa paura a molti. Per questo ci si chiede spesso se ci sono esami alternativi e altrettanto efficaci, in modo da poter aggirare la metodica tradizionale. Esiste la colonscopia virtuale. Attraverso una Tac dell’addome, consente di visualizzare la parete interna del colon in 3D senza l’utilizzo di una sonda endoscopica. È sicuramente un esame veloce, indolore e non invasivo ma, rispetto alla procedura convenzionale, presenta un grande svantaggio. Non consente di effettuare i prelievi bioptici e l’asportazione dei polipi qualora fosse necessario. Attualmente il suo utilizzo è limitato a casi in cui non è stato possibile eseguire una colonscopia completa o in chi ha mostrato un approccio psicologico sfavorevole nei confronti della metodica tradizionale.
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