Durante le settimane più cupe dell’emergenza legata alla pandemia di coronavirus gli interventi differibili, cioè quelli per cui si poteva attendere perché non mettevano a rischio la vita dei pazienti, sono stati sospesi. Ora che gli ospedali e le cliniche stanno tornando a ritmi più normali, queste operazioni vanno riprogrammate. Secondo la stima elaborata da Nomisma all’interno dell’analisi “Riprogrammazione degli interventi chirurgici, liste d’attesa e mobilità sanitaria: il Covid spingerà gli italiani a curarsi vicino a casa?” questi interventi sono 410.000, un numero enorme.
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Interventi differibili: sospesi 3 su 4 senza contare quelli in regime di day hospital
Nel periodo di sospensione dei ricoveri differibili e non urgenti, sono stati sospesi 3 su 4 ricoveri per interventi chirurgici in regime ordinario. Di questa contabilità non fanno parte gli interventi in day hospital e i ricoveri con diagnosi di tipo oncologico.
Il numero di interventi rimandati cambiano in modo significativo a seconda della diagnosi. Così le stime ci dicono che i medici hanno dovuto rinviare il 56% dei ricoveri per interventi legati a disturbi e malattie cardiocircolatori. Quelli per le patologie inerenti all’apparato otorinolaringoiatra e dei sistemi endocrino, nutrizionale e metabolico gli ospedali li hanno sospesi praticamente tutti. Un terzo degli interventi da riprogrammare riguarda l’area ortopedica: saranno 135.000 i ricoveri per interventi chirurgici rimandati per l’interruzione dovuta al confinamento.
Interventi differibili incideranno sugli spostamenti tra regioni dei pazienti
Questa situazione e la difficoltà, oltre al timore per la diffusione del coronavirus in alcune regioni italiane, potrebbe portare molti cittadini a scegliere di farsi operare in strutture vicine alla loro abitazione.
Fino alla diffusione di Covid-19 erano circa 750.000 le persone che si rivolgevano a centri medici di regioni diverse da quella di residenza. I saldi di mobilità e i dati sulla compensazione economica fra Regioni mostrano che la Lombardia e l’Emilia Romagna erano le due regioni maggiormente attrattive. In fondo alla classifica troviamo, invece, Campania e Calabria. Insomma migliaia di persone risalgono la penisola, spendendo anche molti soldi per gli spostamenti e la gestione della situazione familiare, per farsi operare o per accompagnare i propri cari.
Interventi differibili da riprommare: quali saranno gli effetti sulle liste d’attesa?
Nomisma ha anche cercato di capire quanto questa situazione possa incidere sulle liste d’attesa, che erano già un problema della sanità italiana. “Il blocco degli interventi chirurgici non urgenti avrà naturalmente un significativo impatto sulle liste di attesa. Per un intervento programmato di bypass coronarico o di angioplastica coronarica, dove l’attesa media nazionale si aggira intorno ai 20/25 giorni, le attese potranno raggiungere i quattro mesi. Per un impianto di protesi d’anca i tempi di attesa potranno raddoppiare superando i sei mesi”, dichiarano Maria Cristina Perrelli Branca e Paola Piccioni analiste di Nomisma
Tutto questo rallenterà la mobilità sanitaria di breve/medio periodo?
“È presumibile che ciò accada. Questo anche in considerazione di altri fattori, quali il persistente timore del contagio, accentuato nel caso di condizioni di salute precarie, e le attuali criticità legate agli spostamenti”, evidenziano Perrelli Branca e Piccioni.
Interventi differibili da riprogrammare: scegliete l’ospedale che vi dà più garanzie
La situazione emergenziale si è molto ridimensionata in tutti gli ospedali, anche nelle regioni più colpite. Quindi le persone che devono spostarsi sul territorio nazionale, possono rivolgersi a strutture di altre zone del Paese senza paura. Naturalmente se l’intervento non è urgente e il paziente può aspettare, ha senso decidere di rimandare ancora per un po’ l’operazione chirurgica, in modo da avere un quadro ancora più chiaro della situazione.
Interventi da riprogrammare: verificare se nel proprio territorio c’è una struttura adeguata
Questa potrebbe essere anche l’occasione per mettere alla prova gli ospedali della propria regione. Si può verificare se nel territorio sia possibile fare in maniera assolutamente adeguata l’intervento per cui si era deciso un viaggio in un’altra zona d’Italia. Gli ospedali della Campania, ad esempio, hanno avuto un impatto molto meno forte dell’emergenza.
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