Chi contrae l’infezione parassitaria leishmaniosi potrebbe non andare mai incontro alla malattia di Alzheimer. È l’ipotesi avanzata da un articolo pubblicato sul New York Times, poi suffragato da uno studio condotto dall’Università degli Studi di Milano e dalla Fondazione Don Gnocchi.
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Alzheimer del tutto assente in una tribù amazzonica
Come riporta l’articolo del NYT, qualche anno fa il ricercatore Ben Trumble si accorse che nel popolo Tsimane, un’antica tribù storicamente insediata nella giungla boliviana, non era presente alcun segno di Alzheimer. Il dato apparve subito paradossale visto che molti esponenti di quelle genti possedevano ApoE4, anche conosciuto come “gene dell’Alzheimer”. Chi ha questa variante genica, infatti, è esposto a un elevato rischio di sviluppare questa patologia neurodegenerativa. Questo gene altera il metabolismo dei lipidi nei neuroni e nelle loro cellule, gli astrociti. Inoltre riduce l’attività della microglia, che è il sistema di difesa cerebrale.
Le infezioni parassitarie proteggono dall’Alzheimer?
Lo studioso ha ipotizzato che a modificare l’influenza di questo gene sull’organismo potessero essere alcune infezioni parassitarie, che interessavano il 70% circa dei membri di quella tribù. Stando alle ricerche di Trumble, infatti, chi aveva contratto un’infezione di questo tipo aveva maggiori probabilità di mantenere intatta la propria salute mentale. Nonostante la presenza di una o due copie del gene ApoE4. Chi, al contrario, era riuscito a schivare l’infezione parassitaria e aveva la variante genica, andava più facilmente incontro a declino cognitivo, proprio come le persone dei Paesi industrializzati.
L’infezione leishmaniosi potrebbe proteggere dall’Alzheimer
Stimolati da queste sorprendenti ipotesi, l’Università degli Studi di Milano e la Fondazione Don Gnocchi hanno condotto a loro volta uno studio. L’obiettivo era verificare la possibilità che un’infezione parassitaria in particolare, quella causata dalla Leishmania infantum, potesse essere d’ostacolo alla malattia di Alzheimer. Il Leishmania infantum, che dà origine alla cosiddetta leishmaniosi, è stato scelto perché è un parassita endemico in Amazzonia, che può colpire sia gli animali sia gli uomini. I risultati, pubblicati sulla rivista Brain, Behavour and Inflammation hanno confermato questa ipotesi. Questa infezione inibisce i meccanismi infiammatori, probabilmente scatenati dalla presenza di placche di amiloide nel cervello. Ciò potrebbe avere un possibile ruolo protettivo contro l’insorgere dell’Alzheimer.
A cosa può servire questo studio
L’idea di utilizzare composti derivati da parassiti come farmaci immunomodulatori in malattie autoimmuni era già stata avanzata in precedenza. Questa ricerca dell’Università degli Studi di Milano e della Fondazione Don Gnocchi, però, suggerisce la possibile utilità anche per quanto riguarda la malattia di Alzheimer. Si attendono nuovi sviluppi.