Sempre più persone stanno aderendo al lavoro agile o smart working in seguito alla diffusione del Covid-19. Sono soprattutto le aziende multinazionali a spingere perché i propri dipendenti lavorino da casa. Il legame tra Coronavirus e smart working è collegato alla speranza che meno persone si muovono, meno veloce potrebbe essere la diffusione del Covid-19.
Del resto anche il nuovo decreto ha confermato lo smart working fino al 31 luglio con modalità semplificate su tutto il territorio nazionale ma con la raccomandazione, rivolta ai datori di lavoro pubblici e privati, di promuovere la fruizione dei periodi di congedo ordinario e di ferie da parte dei dipendenti
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Cos’è lo smart working?
In italiano si chiama lavoro agile, ma quasi tutti utilizzano il più inglese Smart Working. Il ministero del Lavoro lo definisce come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro. Una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.
Ci sono alcune categorie di lavoratori per cui questa soluzione non è possibile. Ma per quelli per cui è possibile lavorare da casa ci sono raccomandazioni per massimizzare il proprio rendimento, mantenersi in salute fisicamente e psicologicamente e non passare tutto il giorno in pigiama?
Smart working: distinguere tra lavoro e cose da fare in casa
Uno dei vantaggi principali dello smart working è quello di poter iniziare a lavorare praticamente subito dopo aver fatto colazione, senza contare i tempi di spostamento per raggiungere l’ufficio. Questo potrebbe essere anche il più grande limite.
Il consiglio degli specialisti è quello di vestirsi e prepararsi esattamente come se dovessimo uscire di casa. Questo ci aiuta sia fisicamente, sia psicologicamente. Se “ciondoliamo” in pigiama tutto il giorno c’è il rischio che il nostro benessere psicologico ne risenta anche in modo pericoloso. Bisogna capire che siamo al lavoro e non a casa.
Smart working: bisogna essere realistici sulle cose che possiamo fare
Restando a casa la trappola potrebbe essere quella di sopravvalutare le faccende che possiamo portare a termine. Occorre porsi gli stessi obiettivi che abbiamo quando lavoriamo dal posto di lavoro. Il consiglio è quello di segnare in agenda le cose che dobbiamo fare tutta la giornata.
Variate attività, non fate sempre lo stesso lavoro
Quando si lavora dall’ufficio di solito non facciamo sempre la stessa attività. Basti pensare alle chiacchiere con i colleghi o ai meeting di lavoro. Stare a casa da soli impedisce di avere interazioni se non quelle telematiche. Bisogna strutturare invece la nostra giornata lavorativa casalinga come se fossimo al lavoro. Possiamo ad esempio lavorare in modo molto concentrato per un’oretta e poi fermarsi qualche minuto.
C’è anche la preoccupazione che i propri capi possano pensare che stiamo lavorando poco da casa. Ad esempio il pranzo non dev’essere consumato davanti al computer. Dev’essere una vera pausa. Prendiamoci anche il tempo per una passeggiata di almeno mezz’ora dopo pranzo, anche per evitare che il picco glicemico ci renda meno produttivi.
Smart working: attenzione alle distrazioni
In ufficio è molto più complicato lasciarsi andare a distrazioni. Quando si è tra le proprie mura domestiche, invece, distrarsi può essere enormemente più semplice. Dal bucato da fare, alla televisione, passando per le indisturbate telefonate con gli amici, bisogna mettersi un freno.
Le pause ci devono essere, ma devono essere limitate.
Nel limite del possibile cerca di mantenere un minimo di socialità
Un lungo isolamento come quello relativo a un’emergenza sanitaria, può portare le persone a non vedere più nessuno. Questo è ancora più vero per chi vive da solo. L’isolamento totale abbassa però le difese immunitarie, rendendoci più fragili all’attacco dei virus e dei batteri.
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