Fino alla prima metà del secolo scorso, nell’epoca che ha preceduto la scoperta dei vaccini e degli antibiotici, erano le epidemie e le infezioni le grandi nemiche della nostra salute. Oggi, invece, il rischio viene dall’aria che respiriamo e si chiama inquinamento. Quello che crea sulle nostre metropoli cupole maleodoranti di polveri sottili o avvelena l’ambiente occupa le prime pagine dei quotidiani e le aperture dei telegiornali. Ma un pericolo altrettanto se non più letale, almeno potenzialmente, si nasconde nell’ombra. Anzi, tra le pareti di casa e dei luoghi in cui lavoriamo, studiamo, ci curiamo e all’interno dei mezzi di trasporto.
«Nei Paesi sviluppati», spiega Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), «la popolazione passa circa il 90% del proprio tempo in ambienti chiusi. “Indoor” per usare il termine inglese. Perciò la qualità dell’aria che respiriamo a casa, a scuola, in ufficio o sull’autobus diventa cruciale per la salute e per il benessere. Perché, in mancanza di un corretto ricambio, si può arrivare ad avere concentrazioni interne di sostanze inquinanti anche cinque volte maggiori che all’esterno. In questi ultimi anni è cresciuta la consapevolezza delle problematiche relative alla qualità dell’aria indoor (IAQ) ed esistono leggi specifiche per alcuni inquinanti indoor (formaldeide, fumo di tabacco…). Tuttavia nel nostro Paese manca ancora una legislazione organica di riferimento».
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LE FONTI DELLO SMOG INTERNO
Le sostanze inquinanti sono classificate in agenti chimici, fisici e biologici e negli ambienti chiusi possono avere diverse fonti.
● L’ambiente esterno. Tutte le sostanze che circolano al di fuori dei luoghi chiusi, a iniziare dalle PM 10 e PM 2,5, possono penetrare e accumularsi in casa.
● Il fumo passivo. «Soprattutto se si fuma all’interno, ma anche se si esce sul balcone o si sta alla finestra», sottolinea Pierachille Santus, professore di malattie respiratorie all’università degli Studi di Milano e direttore della UOC di pneumologia dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano, «perché gli inquinanti liberati (monossido di carbonio, composti organici volatili, formaldeide, particolato) permangono per un certo tempo addosso al fumatore e, quindi, al suo rientro in casa o in ufficio, vengono immessi nell’ambiente».
● La cucina ai fornelli. «Sostanze inquinanti si possono liberare dalla cottura dei cibi non solo quando si frigge o si arrostisce», interviene Paola Fermo, professore associato di chimica dell’ambiente dell’Università degli Studi di Milano, «ma anche utilizzando metodi ritenuti generalmente più leggeri, come la bollitura». A far aumentare l’inquinamento indoor basta, tuttavia, l’accensione dei fornelli. «È un processo di combustione ad alta temperatura come quello di motori degli autoveicoli e, quindi, al pari di questi ultimi, produce ossidi di azoto (NOx). Nel caso vengano, poi, rilasciati in ambienti umidi, i NOx formano l’acido nitroso, precursore delle nitrosammine, altamente cancerogene». Gli inquinanti secondari, infatti, frutto di processi di trasformazione che coinvolgono più particelle e/o sostanze gassose presenti nei luoghi chiusi, spesso sono più pericolosi dei primari, perché è impossibile risalire alla loro sorgente. «È importante, perciò», suggerisce Miani, «tenere sempre la cappa accesa o la finestra aperta mentre si cucina».
● Le operazioni di pulizia. «Quando si usa l’aspirapolvere», prosegue Miani, «si manda in sospensione un quantitativo enorme di particelle, quindi bisogna stare attenti al tipo di apparecchio che si utilizza e a che i filtri non siano intasati». Ma attenzione anche a quello che definiamo con soddisfazione «profumo di pulito. Il pulito non ha alcun profumo», avverte Paola Fermo. «I cosiddetti aromi di lavanda, di pino o di limone sono composti organici volatili (VOC) che, addizionati ai detersivi, risultano pericolosi, perché possono contribuire alla formazione d’inquinanti secondari». Per lo stesso discorso sono da evitare anche i deodoranti contro i cattivi odori e bisogna prestare la massima attenzione a che oli essenziali, candele o incensi siano di origine nota (la cera, per esempio, dovrebbe sempre essere di api). Promossi sono, invece, i vecchi «strumenti» della nonna. Aceto, bicarbonato e candeggina. Poi è possibile profumare con lavanda, ovviamente quella naturale.
● Il riscaldamento. «La combustione della legna contribuisce all’emissione di particolato nell’aria», sottolinea ancora Miani. «E durante tale processo si generano anche sostanze cancerogene, gli idrocarburi policiclici aromatici, uno dei cui composti, il benzo-a-pirene, è emesso anche dai motori degli autoveicoli». Attenzione, perciò, qualora in casa si possieda un caminetto di vecchia generazione. «Meglio la stufa a pellet, a patto che il combustibile in questione sia di buona qualità. Cioè contenga solo derivati del legno e non altre sostanze, come additivi o impregnanti».
● Il condizionamento dell’aria. È necessaria un’adeguata manutenzione dei condizionatori, degli umidificatori e delle cappe delle cucina. La presenza di elevata umidità favorisce l’insediamento e la moltiplicazione di batteri, virus, funghi e muffe in casa.
● L’arredamento. I tappeti, soprattutto quelli pelosi, e la moquette accumulano e, poi, risollevano la polvere e i suoi acari, responsabili di una delle allergie più diffuse. Inoltre, prosegue Paola Fermo, «alcuni mobili, soprattutto quelli fabbricati in passato, emettono un composto organico volatile chiamato formaldeide, un solvente che veniva addizionato a colle e impregnanti. Oggi si possono trovare arredi dichiarati a emissione zero di formaldeide». L’umidità di ambienti non adeguatamente tinteggiati potrebbe portare all’insorgenza di muffe, causa d’infezioni polmonari anche a persone non allergiche. Mentre pigmenti tossici potrebbero essere contenuti in carte da parati antiche. In particolare nell’800 veniva utilizzato l’arsenico per produrre un pigmento verde, finché un medico italiano, Bartolomeo Gosio (1863-1944), dimostrò che alcune muffe, generate in ambienti umidi, potevano trasformare forme inorganiche dello stesso arsenico in un gas organico tossico. L’esposizione a quest’ultimo fu inserita persino tra le possibili cause della morte di Napoleone Bonaparte. La camera da letto nella casa dell’ex imperatore e condottiero corso era rivestita da una carta da parati verde e oro.
● Le fotocopiatrici e le stampanti. Si tratta di apparecchiature che si trovano perlopiù negli uffici, ma che oggi sono presenti anche in molte abitazioni private. I loro toner emettono particelle che possono causare bruciore agli occhi, tosse, mal di testa o prurito. Quindi è da evitare l’accostamento a scrivanie.
● Gli animali in casa. Peli e forfora di pet la cui igiene non è adeguatamente curata dal proprietario sono inquinanti biologici.
POLMONI E CUORE A RISCHIO
Il sito web del ministero della Salute elenca le principali patologie associate all’inquinamento in casa. Malattie allergiche, asma e disturbi respiratori nell’infanzia, BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva), infezioni respiratorie (per esempio, legionellosi), tumore del polmone, malattia cardiovascolare, disturbi irritativi e alterazione del comfort (per esempio, sindrome dell’edificio malato). Da un lato la scienza da tempo non ha dubbi ad associare l’esposizione al fumo passivo a un aumento del rischio di malattia ischemica cardiaca. Dall’altro, conferma Santus, «diverse evidenze scientifiche dimostrano come l’inquinamento indoor possa in qualche modo destabilizzare le patologie respiratorie croniche. L’asma non allergica e allergica, la BPCO e le altre allergie respiratorie in senso lato, come la rinite allergica e l’oculorinite allergica. Le sostanze inquinanti irritano le mucose delle vie respiratorie e favoriscono l’infezione virale o batterica, così che i pazienti vanno incontro a riacutizzazioni della malattia o a uno scarso controllo di fondo della stessa. Soprattutto la destabilizzazione dell’asma bronchiale comporta fenomeni che peggiorano in modo significativo la qualità di vita della persona, come la stimolazione della tosse, che tende a essere costante, di tipo stizzoso e irritativo, e disturba anche il sonno».
Tra le altre categorie maggiormente a rischio ci sono gli anziani con comorbilità respiratoria, le donne in gravidanza e i bambini. I piccoli, precisa lo pneumologo, «possono soffrire di episodi di bronchite che tendono a essere recidivanti e perduranti nel tempo. È il classico caso del piccolo che ha tosse e catarro per tutto l’inverno a causa di stimoli provenienti dagli ambienti sia esterni sia interni». La relazione sullo Stato Sanitario del Paese, pubblicata nel 2012 dal ministero della Salute, evidenziava un maggiore pericolo per i figli dei fumatori, oltre il 15% di bambini e ragazzi.
L’HI-TECH CI VIENE IN SOCCORSO
Come difenderci, dunque, da questo subdolo nemico che è l’inquinamento indoor? A parte seguire alcune regole pratiche (vedi nella pagina a destra il decalogo stilato da SIMA), è possibile in chiave preventiva affidarsi ad alcuni dispositivi di monitoraggio oggi in commercio. Facendo attenzione, nella scelta, al fatto che siano scientificamente validati da laboratori pubblici competenti. Come quello di analisi ambientali del dipartimento di chimica dell’Università degli studi di Milano, che, per esempio, ha testato il multisensore IoT Aircare di Harpa Italia.
«Lo abbiano validato», spiega Paola Fermo, «mettendolo in parallelo con un misuratore di particelle scientifico che permette di quantificare la concentrazione di PM 10, PM 2,5 e PM1. I suoi sensori si sono rivelati utili perché consentono di capire quando vi è un aumento di concentrazione del particolato. Nello specifico Aircare ha ottenuto validazione trend per il PM 2,5. Inoltre IoT Aircare ha la caratteristica di segnalare anche le variazioni di concentrazione di anidride carbonica, che, per esempio, le classiche centraline Arpa non rilevano, in quanto non è definita inquinante. Ma ricordiamo che l’aumento di anidride carbonica provoca sonnolenza e una conseguente diminuzione della capacità di concentrarsi nelle persone. Pertanto il device ci segnala quando è ora di aprire le finestre per arieggiare il locale». «Grazie alla validazione scientifica ottenuta, abbiamo conferito ad Aircare il Marchio SIMA VERIFIED per il monitoraggio trend del PM 2,5 e della CO2 indoor», conclude il presidente SIMA.
Posizionato su parete o desk, sono 15 le rilevazioni che in totale è in grado di fare IoT Aicare. La finalità, interviene Lorenzo Facello, marketing and product manager di Harpa Italia, è quella di stimare «il benessere indoor per poter effettuare analisi e andare a proporre soluzioni ai nostri clienti. Diamo visibilità all’invisibile. Composti organici volatili, polveri sottili. Ma senza dimenticare le rilevazioni di temperatura, umidità, inquinamento acustico ed elettromagnetico o luminosità. Queste permettono di integrare il dispositivo all’interno nei Bms (building manager system), così che i software che governano l’edificio siano in grado di effettuare i corretti cambi d’aria». Al momento il dispositivo in questione è rivolto alle sole aziende, ma non ha limiti di applicabilità nei vari ambienti indoor. Dagli ospedali ai musei, dagli uffici alle scuole, dai magazzini agli aeroporti. «Creato, disegnato e prodotto in Italia», conclude Facello, «è attivabile in 60 secondi anche con connettività NB-Iot, un nuovo tipo di protocollo che funziona tramite una sim integrata. In poche parole, là dove non esiste il Wi-Fi, si collega alle cellule telefoniche esattamente come i nostri cellulari».
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