Salute

Cosa succede quando si ammalano le ghiandole surrenali

L’eccesso e la carenza di ormoni, normalmente prodotti dai surreni posizionati sopra ai reni, innescano patologie fortunatamente curabili. Ecco quali sono

Sono poco conosciuti e spesso trascurati, eppure svolgono una funzione fondamentale per la salute dell’organismo. Si tratta dei surreni, due piccole ghiandole del peso di circa quattro-sei grammi, di forma piramidale, descritte per la prima volta nel 1563 dall’anatomista marchigiano Bartolomeo Eustachi, lo stesso che dà il nome alla tromba che collega l’orecchio alla faringe.

Cosa sono e a cosa servono i surreni

Le ghiandole, poste sopra ciascun rene, sono costituite da due parti: la zona esterna (corteccia), che produce ormoni glucocorticoidi come il cortisolo, mineralcorticoidi come l’aldosterone e androgeni come il testosterone, e quella interna (midollare), composta da cellule chiamate cromaffini, che secernono gli ormoni catecolamine: adrenalina, noradrenalina e dopamina. A volte capita che il funzionamento di queste preziose ghiandole si inceppi e allora cominciano i guai. In particolare, può succedere che producano una quantità eccessiva (ipersecrezione) o insufficiente (iposecrezione) di ormoni. Nel primo caso, i disturbi che ne derivano sono vari e dipendono dagli ormoni coinvolti. Le principali malattie sono la sindrome di Cushing, l’iperaldosteronismo, il feocromocitoma e la sindrome surrenogenitale. Nel secondo caso, la conseguenza è la malattia di Addison. Cerchiamo di capire in che cosa consistono queste patologie e come possono essere trattate.

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Sindrome di Cushing

Descritta nel 1932 dal chirurgo americano Harvey Williams Cushing, questa sindrome, chiamata anche ipercortisolismo, è piuttosto rara (due-tre persone su un milione all’anno), con un picco tra i 20 e i 50 anni e una frequenza maggiore nelle donne rispetto agli uomini. «La patologia si verifica quando le ghiandole surrenali producono un eccesso di cortisolo, l’ormone che, oltre a governare le nostre reazioni agli eventi stressanti e improvvisi, svolge importanti funzioni come la regolazione del metabolismo, dei livelli di zucchero nel sangue (glicemia) e del sistema immunitario», spiega Massimo Terzolo, direttore della struttura complessa a direzione universitaria di medicina interna dell’Azienda ospedaliero-universitaria San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino).

  • CAUSE. A provocare l’impennata di questo ormone, che di norma viene prodotto in quantità massima al mattino e minima di notte, può essere un tumore benigno dell’ipofisi (adenoma ipofisario) che causa un’aumentata produzione dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH), che a sua volta stimola i surreni a produrre più cortisolo (in quest’ultimo caso, si parla più propriamente di malattia di Cushing). Questa è la possibilità più frequente, ma è anche possibile che l’ormone ACTH sia prodotto da tumori, sia benigni sia maligni, siti in altri organi, primo fra tutti il polmone (in questo caso, si parla di sindrome da ACTH ectopico). Inoltre, la sindrome di Cushing può essere causata da un tumore delle ghiandole surrenali, di solito benigno (adenoma surrenalico), che produce direttamente cortisolo in eccesso.
  • SINTOMI. I sintomi, che tendono a peggiorare gradualmente nel tempo, sono numerosi. Il più comune è l’aumento progressivo di peso, con accumulo di adipe che colpisce soprattutto viso, collo, tronco, addome. In particolare, compaiono il tipico volto arrotondato (faccia «a luna piena»), spesso con guance arrossate (pletora), e il caratteristico accumulo di grasso sulla nuca (gibbo di bufalo). La pelle diventa sensibile e sottile, con difficoltà a rimarginare anche piccole ferite, mentre su addome, cosce, glutei, compaiono ampie striature rossastre (strie), lesioni simili a smagliature, causate dall’assottigliamento di uno degli strati che compongono la cute (il derma) e dal danneggiamento dei vasi sanguigni più superficiali. I muscoli si indeboliscono, facendo apparire braccia e gambe più sottili, e anche le ossa diventano più fragili (osteoporosi), con un aumentato rischio di fratture. In alcuni casi, possono presentarsi un incremento dei livelli di zucchero (glicemia) nel sangue, fino al diabete vero e proprio, ma anche pressione sanguigna elevata, irritabilità, depressione, insonnia. È, inoltre, più probabile che si sviluppino infezioni, trombosi venose o arteriose e, sebbene più raramente, calcoli renali, ulcere anche multiple ed estese a stomaco e duodeno. Nelle donne possono comparire irregolarità mestruali, eccesso di peluria (irsutismo), pelle grassa e acne, negli uomini si possono, invece, manifestare riduzione del desiderio sessuale (libido) o disfunzione erettile.
  • DIAGNOSI. «Dato che non tutte le persone con sindrome di Cushing presentano gli stessi sintomi e visto che molti di questi ultimi, come ad esempio la pressione elevata o la glicemia alta, sono assai comuni nella popolazione, diagnosticare la malattia non è facile e richiede esperienza e un’adeguata formazione da parte del medico», chiarisce Terzolo. Dopo aver effettuato una visita accurata, in caso di sospetto diagnostico lo specialista endocrinologo prescrive gli esami di urine, sangue, saliva, per misurare il livello di cortisolo. Possono essere utili anche ulteriori accertamenti, come Tac e risonanza magnetica nucleare di surreni e ipofisi.
  • TERAPIE. Una volta accertata la diagnosi, si passa al trattamento. Attualmente sono disponibili varie opzioni terapeutiche: chirurgia, radioterapia o farmaci. «Quando l’eccesso di cortisolo dipende da un tumore benigno dei surreni o dell’ipofisi, come avviene nella maggior parte dei casi, la terapia di prima scelta, con finalità curativa, è sicuramente l’intervento chirurgico, finalizzato ad asportare la lesione», sostiene Terzolo. Il tumore alle ghiandole surrenali può essere asportato attraverso la via tradizionale, ovvero a cielo aperto, o la via laparoscopica: in quest’ultimo caso il chirurgo pratica quattro-cinque piccoli fori sotto le costole, attraverso i quali introduce le pinze chirurgiche e una telecamera, che riprende la cavità addominale rendendola visibile su un monitor. Quindi asporta la lesione e la estrae attraverso le incisioni inizialmente praticate. Qualora si rendesse necessaria l’asportazione di entrambe le ghiandole surrenali (surrenectomia bilaterale), i pazienti dovranno assumere gli ormoni prodotti dal surrene (trattamento sostitutivo) per tutta la vita. Il tumore all’ipofisi può essere asportato attraverso un intervento eseguito per via transfenoidale. In pratica, il chirurgo esegue un’incisione all’interno del naso o sopra i denti e, attraverso una cavità chiamata seno sfenoidale, raggiunge la ghiandola ipofisaria alla base del cranio, seziona e asporta la parte malata. In caso di insuccesso dell’intervento neurochirurgico si può optare per la radioterapia ipofisaria, somministrata in dose frazionata oppure singola, mentre, se l’asportazione con il bisturi non è possibile, oppure in attesa dell’intervento stesso, alcuni farmaci possono abbassare il livello di cortisolo. Tra questi, ketoconazolo, metopirone, pasireotide, cabergolina.

Iperaldosteronismo

«L’iperaldosteronismo, noto anche come sindrome di Conn, la cui diagnosi è in costante aumento, è caratterizzato dalla secrezione eccessiva di aldosterone, un ormone che è regolato da un enzima chiamato renina e che serve a regolarizzare i livelli di sodio e di potassio, riequilibrando così il volume dei liquidi extracellulari e di conseguenza la pressione del sangue», spiega Terzolo.

  • CAUSE. La produzione in eccesso, di solito causata da tumori benigni del surrene o da iperattività di entrambe le ghiandole (iperplasia surrenale bilaterale), comporta la ritenzione di sodio e la perdita di potassio, con conseguente innalzamento della pressione sanguigna (ipertensione).
  • SINTOMI. Non a caso, il segno principale dell’iperaldosteronismo è proprio un’ipertensione resistente, che è, cioè, difficile da abbassare con un solo farmaco e che spesso richiede l’impiego di più medicinali antipertensivi insieme per raggiungere l’obiettivo. Altri sintomi sono necessità di urinare frequentemente, debolezza, affaticamento, crampi muscolari.
  • DIAGNOSI. Per formulare la diagnosi occorre fare un prelievo di sangue con la misurazione dei livelli di aldosterone a renina. Può essere presente ipopotassiemia (ridotti livelli di potassio).
  • TERAPIE. Terapie Il trattamento della patologia dipende dalla sua causa: in caso di tumore benigno si opta di solito per l’intervento chirurgico di rimozione, mentre in caso di iperplasia la terapia può prevedere la somministrazione di spironolattone, un farmaco in grado di bloccare l’azione dell’aldosterone, e/o di uno o più farmaci antipertensivi, come ad esempio beta-bloccanti, calcio-antagonisti, ace-inibitori.

Feocromocitoma

Il feocromocitoma, che si manifesta in due-otto persone su un milione all’anno, è un tumore che di solito ha origine nelle cellule cromaffini delle ghiandole surrenali e che provoca una produzione eccessiva di catecolamine.

  • CAUSE. In alcuni casi, questi tumori si verificano in pazienti con particolari malattie genetiche, come, ad esempio, la sindrome da neoplasia endocrina multipla di tipo 2, una patologia che predispone allo sviluppo di tumori della tiroide, delle paratiroidi e delle ghiandole surrenali.
  • SINTOMI. Il segno principale è l’ipertensione, che può presentarsi con pressione costantemente elevata, con picchi improvvisi di pressione alta (crisi ipertensive) o con una combinazione dei due. Altri sintomi sono battito cardiaco e respirazione accelerati, sudorazione abbondante, giramenti di testa alzandosi in piedi, pelle fredda, intenso mal di testa, dolore toracico e allo stomaco.
  • DIAGNOSI. Si fa tramite esami del sangue e delle urine che misurano i livelli delle catecolamine e dei loro metaboliti (prodotti di degradazione). Per localizzare il tumore possono essere utili la Tac e la risonanza magnetica.
  • TERAPIE. Di solito la terapia di prima scelta è rappresentata dalla rimozione del feocromocitoma tramite l’intervento chirurgico. Tuttavia, dato che la presenza di elevati livelli di catecolamine può essere pericolosa durante l’operazione, quest’ultima viene in genere rimandata fino a quando non si riesce a tenere sotto controllo la secrezione di questi ormoni grazie ad alcuni farmaci, come ad esempio la fenossibenzamina o la doxazosina assieme ad altri farmaci antipertensivi, se necessario.

Morbo di Addison

Il morbo di Addison, che gli esperti chiamano anche ipocorticosurrenalismo o insufficienza corticosurrenalica, deve il suo nome al medico londinese Thomas Addison, il primo che se ne occupò, pubblicando nel 1855 uno studio in proposito. È documentato che, di questa malattia cronica rara che colpisce circa quattro persone su 100mila all’anno, prevalentemente tra i 30 e i 50 anni e soprattutto donne, soffrisse anche il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy.

  • CAUSE. In sostanza, accade che il sistema immunitario dell’organismo, preposto a combattere i «nemici» come virus e batteri, vada in tilt, identifichi la corteccia delle ghiandole surrenali come un corpo estraneo e quindi la attacchi (attività autoimmunitaria), diminuendone o azzerandone la funzionalità. Di conseguenza, nell’organismo si verifica una carenza di cortisolo, ma anche di aldosterone e di androgeni.
  • SINTOMI. Il segno più caratteristico della malattia è il colorito «abbronzato» della pelle e delle mucose della bocca (iperpigmentazione). Altri sintomi, più generici, includono debolezza, affaticamento, depressione, dimagrimento, vomito e diarrea, dolori addominali, pressione del sangue e livelli di zucchero molto bassi. A volte si associa a vitiligine (chiazze non pigmentate sulla cute, che appaiono bianche o traslucide) e alopecia areata (caduta dei capelli a chiazze). Nei casi più gravi si può arrivare allo svenimento (sincope) e allo shock (collasso cardiocircolatorio).
  • DIAGNOSI. Per diagnosticare la patologia occorre effettuare gli esami del sangue dosando i livelli di sodio, potassio, ormone adrenocorticotropo (ACTH), cortisolo.
  • TERAPIE. La terapia consiste nella sostituzione degli ormoni mancanti: in particolare, il cortisolo può essere rimpiazzato con idrocortisone o cortone acetato, l’aldosterone con fludrocortisone. «La terapia ormonale è un trattamento molto efficace», assicura Terzolo, «a patto di assumerla con regolarità, rispettando gli orari (di solito va assunta più volte al giorno) e le dosi indicati dallo specialista. Da alcuni anni è anche disponibile una formulazione a rilascio prolungato e modulato, che consente un’unica somministrazione al mattino». Se di norma la malattia può, dunque, essere tenuta sotto controllo senza troppi patemi d’animo, occorre tuttavia alzare le antenne nel caso compaiano grande debolezza, confusione mentale, estrema stanchezza, vertigini, intenso mal di testa, sensazione di freddo. Potrebbe, infatti, trattarsi dei campanelli d’allarme di una grave carenza di cortisolo (crisi addisoniana), provocata, ad esempio, da infezioni, traumi, incidenti, forte disidratazione. In tale caso, è sempre preferibile rivolgersi subito al più vicino pronto soccorso, dove verranno somministrati cortisone e soluzione fisiologica per ripristinare l’equilibrio idrico dell’organismo.

Il carcinoma

Anche se nella maggior parte dei casi i tumori che colpiscono le ghiandole surrenali sono benigni, alcune volte purtroppo non è così. In circa uno o due casi su un milione di persone all’anno si manifesta il temibile carcinoma corticosurrenalico, un tumore maligno che può presentarsi a tutte le età, ma colpisce soprattutto tra i 40 e i 50 anni. Nel 40% dei casi questa neoplasia non secerne ormoni, mentre nel restante 60% produce ormoni in eccesso, in particolare cortisolo e androgeni.

  • SINTOMI. Se non secernente, la malattia avanza silenziosa e dà segni di sé solo tardivamente, quando le dimensioni della massa sono tali da comprimere le strutture circostanti. Si manifestano allora affaticabilità e stanchezza (astenia), febbricola, perdita di peso, dolore addominale o lombare, gonfiore delle gambe (edema). Se secernente, la malattia si manifesta con una sindrome di Cushing, alla quale è spesso associata virilizzazione (segni di androgenizzazione nelle donne, come crescita pilifera, perdita di capelli, o modificazione in senso maschile dei genitali quando il tumore compare nei bambini).
  • DIAGNOSI. Per confermare la diagnosi si ricorre di solito a Tac, risonanza magnetica nucleare, Pet con fluoro-desossiglucosio (18FDG). Il prelievo di un frammento di tessuto (biopsia) per farlo analizzare in laboratorio, non è indicato: può causare la rottura della capsula tumorale con possibile diffusione della malattia.
  • TERAPIE. Quando il tumore è ancora circoscritto è possibile asportarlo tramite un intervento chirurgico. Purtroppo, però, questo tipo di carcinoma tende a disseminarsi con facilità a distanza, generando metastasi soprattutto al fegato e ai polmoni, e spesso si ripresenta (recidiva) dopo la chirurgia. Radioterapia e chemioterapia sono scarsamente efficaci. La terapia medica si basa su un vecchio farmaco, il mitotane, derivato dall’insetticida Ddt.

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