Aiuta a mantenere i contatti con gli amici, intrattiene nei momenti di noia, fornisce uno svago, permette di condividere esperienze e di sentirsi indipendente dai “grandi”, cioè da medici e infermiere. Sono questi gli aspetti gratificanti di Facebook per quella fascia di popolazione che deve passare ore, giorni, settimane in ospedale a causa di una malattia cronica. L’accesso a uno spazio online e a una rete sociale virtuale può rappresentare un aiuto psicologico importante. L’isolamento forzato a cui si è costretti in quei giorni può essere superato con la condivisione di un pensiero, una foto, così come la mancanza di contatti può essere colmata da una chat.
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Lo studio triestino
Lo rileva uno studio della Clinica pediatrica del Burlo Garofolo di Trieste che ha analizzato un gruppo di 212 adolescenti e giovani adulti, fra i 13 e i 24 anni con malattie croniche. Tra queste fibrosi cistica, morbo di Crohn, diabete di tipo 1 e malattie infiammatorie croniche intestinali. Durante l’indagine i partecipanti hanno spiegato che utilizzo di Facebook facevano nei periodi di ricovero ospedaliero, quindi durante le fasi acute della malattia, e in quelle non acute. La ricerca è stata pubblicata da Archives of Disease in Childhood, rivista del gruppo British Medical Journal.
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Il focus sui giovani
Secondo i ricercatori che hanno condotto l’indagine, si tratta della prima volta in cui è stato analizzato l’uso dei social in una popolazione di malati cronici adolescenti. Ma la necessità è nata dai dati 2017 della Società Italiana di Pediatria: circa il 20-30% degli adolescenti italiani soffre di una malattia cronica che si protrae per più di 6 mesi, e circa il 10-13% di essi percepisce tale condizione come penalizzante per la qualità di vita.
Trascorrere lunghi periodi di degenza provoca inevitabilmente isolamento, noia, ansia, vulnerabilità emotiva. Ma i pazienti cronici sono spesso trascurati da questo punto di vista, perché la loro condizione dopo un po’ viene percepita come la normalità.
Conclusioni dell’indagine
Per i giovani pazienti spesso ricoverati in ospedale Facebook non è da demonizzare. Anzi: si è rivelato uno strumento importante perché in grado di soddisfare i bisogni di socialità fortemente limitati dalla condizione dei ragazzi. Come è successo a un giovane paziente che, in fase acuta di malattia, ha potuto comunque partecipare al compleanno di un amico grazie alla diretta Facebook.
Ma il social network permette anche di raccogliere informazioni sanitarie relativamente sicure, attraverso il confronto fra pari sull’andamento delle terapie, o delle crisi. Senza coinvolgere medici e infermieri, che non sono affatto graditi fra gli amici di FB, in quanto percepiti come un limite alla propria indipendenza. La ricerca ha infatti rilevato che nei periodi acuti della malattia il tempo trascorso in rete aumenta da una media di 5 fino a 11 ore. In parallelo c’è la volontà di evitare le ingerenze da parte di medici e personale sanitario.
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Gli ospedali dovrebbero introdurre il Wi-Fi?
Secondo i ricercatori per l’epoca in cui viviamo, non è più accettabile che gli ospedali siano privi di connessione Wi-Fi. Uno standard elevato di cure dovrebbe prendere in considerazione anche l’accesso alla rete come parte della qualità del servizio erogato. C’è poi da chiedersi se l’eccessivo utilizzo di internet e dei social network non possa rivelarsi un’arma a doppio taglio anche per questi ragazzi, così come lo è per la popolazione sana. Diversi studi hanno evidenziato come l’abuso di Internet possa essere negativo per lo sviluppo dei ragazzi.
Fonte: ricerca pubblicata da Archives of Disease in Childhood, rivista del gruppo British Medical Journal
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