Prof. Antonino Di Pietro
Direttore Scientifico di OK Salute
Ci sono momenti nella vita in cui certe cose si apprezzano di più. Gesti quotidiani che vengono compiuti per abitudine diventano importanti e acquistano un valore diverso. Quando sono in ospedale e mi aggiro in corsia tra i letti dei miei pazienti mi sorprende sempre osservare il rito della preparazione prima dell’orario ricevimento parenti. C’è sempre qualche ricoverata che si pettina, mette un po’ di rossetto o di trucco, una goccia di profumo. Pochi minuti dopo arrivano i figli, o il marito o un amico. Per queste donne è importante apparire in ordine anche se il viso porta i segni della lotta contro una brutta malattia. Quei gesti, che fuori normalmente sono semplice routine, diventano all’interno di una corsia d’ospedale un forte segno di legame alla vita. Il desiderio di mostrarsi con un aspetto più gradevole, più in ordine, fa sentire quelle pazienti inconsciamente più vive, più «normali», come erano prima.
In questi casi il cosmetico non è più solo un belletto per nascondere i segni della malattia, ma diventa una sorta di psico-integratore da applicare sulla pelle. Ben vengano quindi studi e ricerche su cosmetici, creme idratanti e lenitive, capaci di limitare il più possibile la sofferenza di chi è sottoposto a cure pesanti e aggressive. Fosfolipidi, glucosamina e la più recente fospidina, si stanno dimostrando utili per migliorare la pelle malata alterata dalla malattia e dai farmaci. Lozioni a base di glixina, glicogeno, biotina, aminoacidi, possono aiutare una più veloce ricrescita dei capelli dopo chemioterapia. Ma anche tecniche antiaging di dermatologia plastica come il Picotage e il Rimage possono essere utili per riequilibrare più velocemente la cute di un corpo sofferente.
Per definire questa nuova scienza si parla recentemente di oncocosmesi, ma io penso sarebbe più corretto parlare di «sanacosmesi». Cioè, una nuova cosmetica per alleviare le sofferenze con l’obiettivo di una pelle più sana e più bella, anche nel tunnel della malattia.
