Ore e ore passate a fissare la stessa vetrina: sarà meglio questo smartphone super tecnologico o quello dal design accattivante? E ancora: meglio il maglione blu a dolce vita o quello rosso a fantasia? Quanti di noi si sono trovati in questa situazione amletica, subendo lo sguardo irritato della commessa di turno? Nessuno sa perché, ma tutti siamo più o meno convinti che “lumare” gli oggetti del desiderio per tempi infinitamente lunghi ci porti ad una scelta più ponderata e razionale. E invece, dispiace dirlo, non è sempre così.
Più li fissiamo, più ci convinciamo
Gli esperti di marketing lo sapevano già, ma ora lo conferma anche la scienza: in negozio o al supermercato, finiamo sempre per acquistare il prodotto che abbiamo fissato più a lungo, anche se all’inizio avevamo giudicato meglio il suo rivale. Tutta colpa di una precisa regione del cervello, la corteccia prefrontale dorsomediale, che finora nessuno aveva preso in considerazione come protagonista delle nostre scelte. La scoperta si deve ai neuroscienziati dell’Istituto neurologico di Montreal, che hanno condotto un semplice studio su 60 individui, metà sani e metà con la corteccia cerebrale frontale danneggiata da un ictus o un tumore.
Lo studio
A ciascuno di loro è stato chiesto di visionare centinaia di opere d’arte esprimendo un giudizio personale. Successivamente, ogni partecipante è stato chiamato a scegliere l’opera d’arte preferita tra coppie messe a confronto diretto. È così emerso che il cervello è portato a scegliere l’oggetto che ha osservato più a lungo, anche se in precedenza gli aveva attribuito un valore inferiore rispetto agli altri. Insomma, è come se il valore degli oggetti aumentasse ai nostri occhi man mano che li guardiamo. I pazienti arruolati nello studio che avevano un danno a livello della corteccia prefrontale dorsomediale hanno dimostrato poi una particolare propensione a scegliere l’oggetto che avevano a portata di mano: questa area del cervello, dunque, potrebbe giocare un ruolo cruciale nel bilanciare l’attrazione che proviamo per l’oggetto che abbiamo davanti con il giudizio che avevamo espresso in precedenza. Dunque meditate, gente, meditate, e aspettate a tirar fuori la carta di credito.
Elisa Buson
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