Rallentare il decorso della Sclerosi laterale amiotrofica con piccole scosse transcraniche e indolori. È questo l’obiettivo della sperimentazione che sarà condotta dall’Università Campus Bio-Medico di Roma e dall’Istituto Auxologico Italiano IRCCS di Milano con la collaborazione della Fondazione “Nicola Irti” per le opere di carità e di cultura.
Una cura “a domicilio”
Diversi studi hanno già dimostrato, a partire dal 2004, che è possibile attenuare l’evoluzione di questa patologia neurodegenerativa, che solitamente colpisce persone di età compresa tra i 40 e i 70 anni, sfruttando tecniche di stimolazione magnetica statica della corteccia cerebrale. «È ormai conclamato che questa procedura, effettuata per brevi cicli, può determinare una lieve riduzione della velocità di progressione della malattia» conferma Vincenzo Di Lazzaro, Direttore dell’unità operativa complessa di Neurologia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico. Oggi, però, si aggiunge un importante tassello in più: la stimolazione, che sarà protratta nel tempo, non verrà effettuata in ospedale bensì nella propria abitazione. È stato messo a punto, infatti, un dispositivo che i pazienti possono utilizzare facilmente a casa loro tutti i giorni, in modo che i ricercatori poi possano valutare l’efficacia di una stimolazione ripetuta e continua.
Al via la sperimentazione
Per questo importante progetto pilota, che partirà a breve, saranno coinvolte 40 persone con Sla, di età compresa tra i 18 e i 75 anni, con un esordio di malattia inferiore ai 24 mesi e un’evidenza clinica di progressione rapida ma con una preservata funzione respiratoria. Successivamente saranno divisi in due gruppi, da 20 individui ciascuno: il primo verrà trattato con la stimolazione magnetica statica reale mentre il secondo con una stimolazione placebo. Lo studio durerà sei mesi e avverrà presso il domicilio del paziente.
La Sclerosi laterale amiotrofica
La Sclerosi laterale amiotrofica, che stando alle stime dell’omonima Associazione Italiana interessa 6000 italiani, è una patologia che colpisce i motoneuroni, ossia cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che consentono alla muscolatura volontaria di eseguire le proprie funzioni. I segnali della Sla iniziano a palesarsi quando la degenerazione progressiva dei motoneuroni supera la capacità di compenso di quelli superstiti, fino ad arrivare a una perdita della forza muscolare, delle funzioni sensoriali, sessuali e sfinteriali. «Oggi la Sla vive un momento molto speciale ed intenso perché il livello di conoscenza relativo alle basi patogenetiche della malattia si è incredibilmente arricchito negli ultimi anni con le recenti scoperte genetiche, la definizione di inediti meccanismi di malattia, i test su nuovi farmaci, l’individuazione dei primi biomarcatori e l’utilizzo di cellule staminali, ottenute dalla cute o dal sangue dello stesso paziente, per studiare molecole di impiego clinico» spiega Vincenzo Silani, professore di Neurologia all’Università degli Studi di Milano e Direttore dell’unità operativa di Neurologia e del Laboratorio di ricerche di Neuroscienze dell’Istituto Auxologico Italiano. «A completare il quadro, le prime terapie personalizzate per la correzione di difetti genetici sono in corso, sia per il gene SOD1 che per il C9orf72. È prevedibile una primavera terapeutica per una malattia fino ad ora drammaticamente incurabile che può rappresentare, tra la’ltro, il riferimento per tutta la patologia neurodegenerativa».
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