Alzheimer colpirà sempre più persone secondo le stime degli organismi internazionali, ma non i tassisti. All’origine di questa affermazione un imponente studio che ha analizzato i dati di quasi 9 milioni di persone, suddivise a seconda della loro professione. Gli esperti hanno verificato i dati su 443 diverse professioni.
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Tassisti e Alzheimer: cosa dice lo studio?
In media il 3,88% aveva la malattia di Alzheimer. Ebbene tra i tassisti appena l’1,03% aveva sviluppato la forma più diffusa di demenza. Ancora meno gli autisti delle ambulanze, fermi allo 0,74 per cento. Tra tutte le professioni messe sotto osservazione queste due categorie erano quelle con i tassi percentuali più bassi in assoluto.
Allenamento continuo di alcune strutture del cervello
A “salvarli” sarebbe il loro continuo allenamento alla navigazione e all’elaborazione dello spazio. Lo stesso non avviene con altre categorie di lavoratori che guidano molto, come ad esempio i camionisti. Questo dipenderebbe dal fatto che tendenzialmente viaggiano su strade a lunga percorrenza, come autostrade, tangenziali e statali: si tratta di percorsi predefiniti. Tra l’altro utilizzano il navigatore molto più spesso di quanto facciano i taxisti.
Tassisti e Alzheimer: il ruolo dell’ippocampo
Ad essere particolarmente coinvolto è l’ippocampo, che si trova nella parte profonda del cervello, che prende il nome dalla sua forma, che ricorda quella del cavalluccio marino. Tra le sue funzioni quella di convertire i ricordi a breve termine in ricordi a lungo termine.
L’ippocampo gioca un ruolo cruciale anche nell’orientamento nello spazio. Non è un caso che è tra le prime aree del cervello a essere colpita dalla malattia con le conseguenze che ben conosciamo: perdita di memoria e disorientamento nello spazio.
Una ricerca aveva già dimostrato che i tassisti hanno un ippocampo decisamente più sviluppato
Uno studio svolto nel 2000 ha confrontato alcune risonanza magnetiche eseguite su 16 tassisti sani, con altre 50 persone sane. L’analisi ha scoperto che i tassisti avevano ippocampi molto più grandi. Il rapporto è direttamente proporzionale: più si guida, più sviluppato è. Essendo costantemente impegnati a cercare la strada giusta, l’ippocampo è continuamente sollecitato.
Alla luce di questi risultati gli esperti consigliano di guidare più spesso e di non utilizzare, o utilizzarlo il meno possibile, il navigatore per poter allenare il cervello.