Salute

Spondiloartrite: tutto quello che c’è da sapere

Il reumatologo Stefano Stisi spiega come affrontare la spondiloartrite sieronegativa a prevalenza assiale, che interessa prevalentemente la colonna vertebrale

Di cosa si tratta

Di cosa si trattaDal 2009, nella letteratura scientifica non si parla più di spondiloartrite anchilosante, ma di spondiloartrite sieronegativa a prevalenza assiale. Si tratta di una malattia infiammatoria e autoimmune che interessa prevalentemente la colonna vertebrale, causata da più patologie con confini spesso poco distinti, tanto da rendere a volte difficile la diagnosi tra una forma e l’altra. La spondiloartrite, infatti, si può presentare in tanti modi, collegandosi alla psoriasi, alle malattie infiammatorie intestinali, all’aftosi orale o genitale, alla malattia di Behçet, che si manifesta anche con uveiti e un coinvolgimento del derma e vascolare. Di spondiloartrite assiale soffre lo 0,1-2,5% della popolazione, prevalentemente uomini tra i 20 e i 40 anni d’età.

Cause

CauseSi pensa che la causa ricada in un meccanismo reattivo tra alcuni antigeni di superficie dei batteri Gram negativi e alcune parti della membrana cellulare, ma ci sono ancora studi in corso. C’è poi una predisposizione genetica: l’antigene HLA B27 è presente nell’8-10% della popolazione e si può collegare alla propensione ad ammalarsi di forme cosiddette sieronegative.

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Sintomi

SintomiLa sintomatologia caratteristica è quella di una lombalgia infiammatoria, che si manifesta a riposo nella seconda parte della notte o la mattina al risveglio, rendendo difficile la ripresa della mobilità. La rigidità alla colonna si accompagna a un dolore ai glutei, detto anche «sciatica mozza» perché il dolore – simile a quello della sciatalgia – si irradia dalla natica fino a non oltre metà della coscia. Un altro dei sintomi caratteristici è la talalgia, il dolore ai calcagni che non consente di flettere il piede. Le diverse forme di spondiloartrite assiale, però, possono interessare anche altre articolazioni del corpo.

Diagnosi

DiagnosiLa diagnosi precoce è fondamentale, per intervenire il più tempestivamente possibile sui sintomi che limitano molto la qualità della vita. Decenni addietro questa malattia veniva spesso scambiata con altre patologie; oggi, invece, grazie alla presenza di più specialisti reumatologi sul territorio e a criteri più precisi di valutazione, si fa diagnosi con maggiore certezza. Se la persona è giovane, e se all’anamnesi e all’esame obiettivo si sospetta una sacroileite, è indispensabile effettuare indagini ematiche e una risonanza magnetica. I valori del sangue che si vanno a cercare sono l’antigene HLA B27 e la PCR (la proteina C reattiva) che è prodotta dal fegato in seguito a un’infiammazione ed è spesso l’unico marcatore di flogosi presente nelle spondiloartriti. Il segno di imaging caratteristico di un interessamento articolare è l’edema della spongiosa ossea, che conferma la natura infiammatoria della malattia.

Terapie

TerapieRispetto ad altre patologie autoimmuni, i corticosteroidi difficilmente leniscono i sintomi. Si utilizzano gli antinfiammatori non steroidei (Fans), e i bisfosfonati che inibiscono il riassorbimento osseo: la risposta, in prima battuta, è di solito positiva. A distanza di qualche mese, però, si devono sostituire i Fans con farmaci antireumatici in grado di modificare la malattia, con i biotecnologici, o i biologici di nuova generazione, come gli anti-TNF, o gli anti interleuchina 17 o 12/23. Si consiglia inoltre di fare una moderata e costante attività fisica, dal momento che la sintomatologia peggiora quando si sta fermi, e di tenere sotto controllo il peso: alcuni farmaci possono dare minore risposta terapeutica negli obesi, mentre le cellule del grasso partecipano (aggravandolo) al processo infiammatorio.

Focus a cura di Stefano Stisi, responsabile della reumatologia dell’Azienda ospedaliera Gaetano Rummo di Benevento e presidente del Collegio dei reumatologi italiani.

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