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Raddoppiare il prezzo delle sigarette per la salute dei fumatori

L'iniziativa della Fondazione Veronesi per abbattere il numero dei fumatori

Il 10 gennaio 2025 segnerà il ventesimo anniversario dell’entrata in vigore del divieto di fumo nei locali pubblici in Italia. Questo intervento legislativo del 2005 è stato l’ultimo rilevante nel nostro Paese nella lotta al tabagismo. Nonostante le ulteriori misure adottate nel 2015, come il divieto di vendita dei pacchetti da dieci sigarette, l’impatto sui fumatori è stato limitato.

Attualmente, in Italia, si stima che circa 12,5 milioni di persone siano fumatori, pari al 24% della popolazione. Ogni anno il fumo è responsabile di circa 90 mila morti, con costi diretti e indiretti che il Ministero della Salute quantifica in 26 miliardi di euro.

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L’impatto di sigarette elettroniche e dispositivi a tabacco riscaldato

Nel frattempo il mercato ha introdotto nuove modalità di consumo di nicotina, come le sigarette elettroniche e i dispositivi a tabacco riscaldato. Tuttavia, esperienze internazionali indicano che un efficace strumento per contrastare il tabagismo è l’aumento delle accise sui prodotti del tabacco.

In Italia il prezzo delle sigarette è ancora tra i più bassi in Europa, con un costo medio di 5-6 euro a pacchetto, rispetto ai 12-15 euro di Paesi come Irlanda, Francia e Regno Unito.

Ripensare la politica sanitaria

Secondo Giulia Veronesi, direttrice del reparto di Chirurgia toracica dell’Ospedale San Raffaele e membro del comitato di lotta al fumo della Fondazione Umberto Veronesi, è necessario un cambio di prospettiva. «Ogni anno in Italia si registrano 44 mila nuovi casi di tumore al polmone, il 90% dei quali legati al fumo», sottolinea.

«Aumentare il prezzo delle sigarette significa proteggere i gruppi più vulnerabili, come i giovani e le persone meno abbienti, che fumano di più e hanno minore accesso alla prevenzione».

Si può arrivare a 10 euro al pacchetto

L’incremento delle tasse è una misura impopolare, ma Veronesi insiste sulla necessità di spostare l’attenzione dalla politica fiscale a quella sanitaria: meno fumatori significano meno malati. Inoltre, è fondamentale includere nella tassazione tutti i prodotti contenenti nicotina, comprese le sigarette elettroniche e i dispositivi a tabacco riscaldato.

«È importante che i maggiori introiti derivanti dall’aumento dei prezzi vengano destinati al Sistema Sanitario Nazionale e alla ricerca scientifica, come avviene in altri Paesi», aggiunge. La Fondazione Veronesi ha lanciato una petizione per portare il prezzo medio delle sigarette a 10 euro a pacchetto.

L’impatto sui fumatori

Uno studio che sta conducendo il Centro di ricerca sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale (Cergas) dell’Università Bocconi ha analizzato gli effetti di un aumento significativo del prezzo delle sigarette sul mercato italiano. Secondo Michela Maregaglia, ricercatrice di economia sanitaria, è dimostrato che un aumento del 10% del prezzo delle sigarette comporta:

  • una diminuzione del 5,4% della domanda di tabacco;
  • una riduzione dell’1,3-2,4% della percentuale di fumatori;
  • un calo del consumo individuale tra il 3,3% e il 7,3% tra i giovani.

Cosa accade all’estero

Esperienze internazionali rafforzano l’efficacia di questa strategia. Negli Stati Uniti, un incremento del 10% del prezzo del tabacco ha ridotto del 43,9% la probabilità di fumare tra gli adolescenti con genitori meno istruiti. In Irlanda, dove il costo del tabacco è il più alto in Europa, l’aumento delle accise ha ridotto il numero di fumatori tra i giovani meno istruiti. In Francia, giovani fumatori abituali con genitori più istruiti hanno mostrato una maggiore propensione a ridurre il consumo.

Commercio illegale e lavoro

Uno degli argomenti contrari all’aumento delle accise è il timore di un incremento del commercio illegale. Tuttavia, secondo il Cergas, non esiste una correlazione diretta tra l’aumento delle tasse sul tabacco e il mercato nero. In Australia, ad esempio, l’acquisto illegale di tabacco è diminuito dal 7,4% nel 2004 al 3,3% nel 2013, dopo un aumento delle accise nel 2010.

Inoltre l’impatto sull’occupazione sarebbe trascurabile: la maggior parte del tabacco venduto in Italia è coltivata in Paesi extraeuropei. Con più introiti fiscali, sarebbe possibile aiutare i pochi agricoltori italiani a riconvertire le coltivazioni verso prodotti più sostenibili e redditizi, con benefici per l’economia e la salute pubblica.

Conclusioni

L’aumento delle accise sui prodotti a base di nicotina rappresenta una misura efficace per ridurre il numero di fumatori, soprattutto tra i giovani e le fasce più vulnerabili. Un approccio integrato, che includa una tassazione più elevata e l’impiego dei fondi per rafforzare il sistema sanitario e la ricerca, potrebbe portare benefici significativi alla salute pubblica e ridurre il peso economico del tabagismo sulla società italiana.

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Francesco Bianco

Giornalista professionista dal 1997, ha lavorato per il sito del Corriere della Sera e di Oggi, ha fatto interviste per Mtv e attualmente conduce un programma di attualità tutte le mattine su Radio LatteMiele, dopo aver trascorso quattro anni nella redazione di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore. Nel 2012 ha vinto il premio Cronista dell'Anno dell'Unione Cronisti Italiani per un servizio sulle difficoltà dell'immigrazione. Nel 2017 ha ricevuto il premio Redattore del Gusto per i suoi articoli sull'alimentazione.
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