Benessere

Benefici del perdono: perché fa bene smettere di portare rancore

Perdonare non significa giustificare l'offesa subita, ma decidere di lasciar andare la rabbia e il risentimento affinché non influenzino negativamente la propria vita

I benefici del perdono? Perdonare qualcuno che ci ha ferito può essere difficile e molti potrebbero addirittura considerarlo un segno di debolezza o un’accettazione passiva del torto subito. Vediamo perché, in realtà, il perdono è un atto di forza che favorisce il benessere fisico e mentale.

Perdono: cosa significa davvero?

Perdonare non implica dimenticare, giustificare o minimizzare il comportamento di chi ci ha fatto del male, e non deve neanche portarci necessariamente a una riconciliazione con l’altro. In molte situazioni allontanarsi da una persona che ci ha causato un dolore profondo può rivelarsi la scelta migliore.

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Perdonare significa, piuttosto, decidere di non permettere che le emozioni e i sentimenti come il rancore e la rabbia prendano il sopravvento, influenzando negativamente la propria vita. In questo modo, il perdono diventa uno strumento di liberazione interiore che restituisce serenità e la possibilità di andare avanti.

Perdono: quali sono i benefici secondo la scienza

Diversi studi scientifici hanno esplorato gli effetti del perdono sul benessere psicofisico, dimostrando che ha un impatto positivo sulla salute mentale e fisica e sulla qualità delle relazioni interpersonali.

Uno studio pubblicato su BMJ Public Health, che ha coinvolto 4.598 partecipanti, provenienti da Hong Kong, Indonesia, Ucraina, Colombia e Sudafrica, si è focalizzato sul programma REACH Forgiveness elaborato da Everett Worthington, professore emerito alla Virginia Commonwealth University.

Questo studio ha testato gli effetti di un intervento autogestito tramite un workbook progettato per facilitare il processo di perdono. Alla metà dei partecipanti il workbook è stato consegnato immediatamente, ed è stato chiesto loro di completare gli esercizi nell’arco di due settimane. I risultati hanno evidenziato che il completamento del quaderno di lavoro è stato efficace nel promuovere il perdono, portando a una significativa diminuzione dei sintomi della depressione e dell’ansia.

Si può imparare a perdonare?

Il perdono non è solo un atto spontaneo, ma può essere appreso e praticato attraverso vari metodi. Il metodo REACH si articola in cinque fasi principali:

  • Ricordare (recall): ricordare l’offesa in modo obiettivo senza mettere da parte i propri sentimenti.
  • Empatizzare (empathize): provare empatia per chi ha causato il danno, cercando di capire perché la persona ha agito in quel determinato modo, senza giustificare o minimizzare l’azione commessa.
  • Dono altruistico (altruistic gift): ricordare che anche noi, in passato, abbiamo ricevuto perdono. Questo aiuta a vedere il perdono come un atto altruistico, un dono che possiamo offrire agli altri nonostante la sofferenza subita.
  • Impegnarsi (commit): prendere la decisione di perdonare, ad esempio scrivendolo in un diario o in una lettera per aiutarsi a mantenere l’impegno.
  • Mantenere il perdono (hold on): questo passaggio può risultare difficile perché i ricordi legati all’evento tendono a riaffiorare. Il perdono non implica dimenticare quanto accaduto, ma significa cambiare il modo in cui reagiamo a quei ricordi quando si ripresentano.

L’importanza di perdonare gli altri, ma anche se stessi

Non bisogna dimenticare che il perdono non riguarda solo gli altri, ma anche noi stessi. Spesso ci comportiamo come come i giudici più severi delle nostre azioni, rimanendo intrappolati nel senso di colpa per gli errori passati. Imparare a perdonarsi, accettare le proprie imperfezioni e smettere di giudicarsi troppo duramente sono passi fondamentali per vivere in modo più leggero e positivo.

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Aurora Pianigiani

Collabora con OK Salute e Benessere e si occupa di comunicazione in ambito medico-scientifico e ambientale. Laureata in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Firenze, si è formata nel settore dei media digitali e del giornalismo. Ha conseguito il Master in Comunicazione della Scienza e della Salute presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e contestualmente ha scritto articoli per testate giornalistiche che svolgono attività di fact-checking.
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