Benessere

Vitamina D e creme solari: facciamo chiarezza

I prodotti che proteggono la pelle dal sole rappresentano uno scudo contro i tumori della pelle, ma impediscono anche l'assorbimento di vitamina D. Ecco come rimediare a questo "dilemma"

Una cosa non esclude l’altra

Mettere tutta estate la crema per proteggere la pelle dai raggi del sole significa mettere a rischio l’assorbimento di vitamina D? Facciamo chiarezza: il problema esiste, ma è facilmente risolvibile. La vitamina D e le creme solari, infatti, non sono legate da un aut-aut, ma da un et. Possiamo tranquillamente avere la prima, essenziale per i suoi effetti sullo scheletro e l’assorbimento del calcio, con le seconde, fondamentali per rallentare l’invecchiamento cutaneo e prevenire malattie della pelle come i tumori.

Basta mezz’ora al giorno

Il perché lo spiega Andrea Giustina, professore ordinario di Endocrinologia e metabolismo all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «Le creme protettive possono limitare l’assorbimento della vitamina D, soprattutto se hanno un SPF molto alto» concorda l’esperto. «Tuttavia, in estate, basta un’esposizione di 20-30 minuti con viso, braccia e gambe scoperte per fare il pieno della vitamina. Non serve che il sole sia a picco. Meglio farlo la mattina o in orari poco caldi».

Gruppo San Donato

Alimentazione e sole

Il nostro fabbisogno di vitamina D, infatti, può essere soddisfatto “naturalmente” solo in due modi. «La prima fonte è l’alimentazione. Il problema è che contribuisce solo per un 20% al nostro fabbisogno perché, a parte l’olio di fegato di merluzzo, pesce come il salmone e un pochino le uova, il cibo contiene poca vitamina D» spiega Giustina. «La seconda fonte, all’80%, è proprio il sole. I raggi solari stimolano la cute a produrre il calciferolo, un precursore della vitamina D che poi viene metabolizzato, prima a livello epatico e poi a livello renale, per produrre la forma attiva della vitamina».

Altrimenti si può integrare

Altrimenti si può integrare

Se siamo in vacanza, il suggerimento dell’esperto si può tradurre nell’uscire a fare una breve passeggiata mattutina senza crema protettiva. Poi, una volta in spiaggia, si può – anzi, si deve – usare il prodotto solare. Se una persona ha una cute particolarmente sensibile e non vuole mai rinunciare all’utilizzo di creme ad alta protezione, può rimediare con gli integratori di vitamina D. E lo stesso discorso vale anche per persone molto anziane, che notoriamente escono poco di casa e sono sempre coperte.

Integratori e preparati

«Più che gli integratori, i preparati» suggerisce Giustina. «I primi sono poli-vitaminici, quindi contengono piccole quantità di tante sostanze. I secondi sono unicamente a base di vitamina D, quindi specifici per l’integrazione. Metaforicamente, assumere un preparato è come fare una passeggiata sotto il sole». Le donne che seguono i dettami della religione islamica e sono sempre coperte quando escono di case, devono per forza assumere la vitamina D attraverso gli integratori.

In inverno

Il discorso si fa più complicato in inverno, quando le giornate sono più corte e il tempo che si passa all’aria aperta è limitato. Per questo motivo, l’esperto consiglia l’utilizzo di integratori , soprattutto da quando il nostro stile di vita è cambiato e si spostato più “al chiuso”.

Il paradosso scandinavo

Il paradosso scandinavo

Sembra assurdo, ma gli italiani, che vivono in una Paese baciato dal sole, hanno meno vitamina D nel sangue di norvegesi, scandinavi, finlandesi che di sole, nella vita, ne hanno davvero poco. Come è possibile? «Data la storica esposizione al sole, in Italia non si è mai pensato alla fortificazione dei cibi con la vitamina D. Nei Paesi nordici, invece, è accaduto il contrario: molti alimenti, come il latte e il pesce, sono fortificati e questo provvede a mantenere i livelli di vitamina D nel sangue sufficientente alti».

Più controllo fin dai 50 anni

I cambiamenti impongono che a interessarsi dei livelli di vitamina D nel sangue (la carenza non dà sintomi, ma si può verificare con un esame specifico) siano ormai tutte le persone con più di 50 anni, soprattutto le donne che, in vista della menopausa e del rischio osteoporosi, possono accusare ancora di più le conseguenze di una mancanza di vitamina D. «Peggiora la mineralizzazione dell’osso, quindi aumenta il rischio di fratture – spiega l’esperto – e determina una peggiore performance muscolare». Ad alto rischio, come detto, anche gli anziani, ma oggi l’attenzione «si deve spostare anche sui più giovani, in modo da poter intervenire con un’integrazione adeguata».

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