Un tempo si parlava di esaurimento nervoso, oggi di burnout, per indicare il collasso emotivo e di energia causato da un eccessiva presenza del lavoro nella nostra vita. Quando lo stress diventa cronico, il nostro corpo va in sofferenza, si esaurisce. È proprio per questo che si è preso in prestito fa forma idiomatica inglese burn out, che significa proprio esaurirsi, spegnersi.
In questo articolo
Quali sono i sintomi del burnout?
Quando i livelli di stress da super lavoro diventano insostenibile, arrivano sintomi fisici e psicologici, con manifestazioni comuni a molte altre condizioni, quindi ci portano spesso a sottovalutare la situazione.
I sintomi psicologici
Molti dei sintomi relativi alla salute mentale sono legati alla mancanza di autostima:
- il più diffuso è la perdita di fiducia nelle proprie capacità,
- perdita di interesse in quello che facciamo di solito,
- senso di impotenza e frustrazione,
- desiderio di isolamento,
- chiusura verso gli altri,
- ansia,
- riduzione dell’efficienza a lavoro.
I sintomi fisici
Si tratta di manifestazioni aspecifiche, cioè che sono comuni a tante altre situazioni. I più comuni sono:
- problemi intestinali,
- disturbi allo stomaco come gastrite,
- perdita dell’appetito,
- insonnia,
- stanchezza importante,
- tensione muscolare,
- mal di testa.
Tra gli altri segnali ci sono rapporti particolarmente tesi con i colleghi, con i propri superiori e con i clienti o l’utenza. Chi si trova in burnout spesso si trova ad abusare di alcolici o di sostanze stupefacenti.
Quali sono le persone più a rischio?
Fino a qualche tempo fa, molti esperti sostenevano che interessasse soprattutto i lavoratori più grandi di età. Ora le nuove ricerche indicano i giovani tra i più colpiti, tanto che in molti sono pronti a lasciare il proprio lavoro. In genere sono più le donne a soffrirne, perché si aggiungono gli impegni familiari.
A soffrirne di più sono le professioni che prevedono un forte coinvolgimento emotivo, le cosiddette helping professions, come possono essere quelle legate alla salute, dagli oss, agli infermieri, passando per i medici. Se n’era parlato moltissimo durante i primi mesi della pandemia da Covid. Anche gli insegnanti sono a forte rischio burnout.
Quali sono le terapie?
Il primo passo è la consapevolezza che stiamo vivendo un problema. Il secondo è rivolgersi alla psicoterapia. Il metodo più consigliato è quello cognitivo-comportamentale, che permette di fare un corretto esame della situazione, favorire il superamento degli episodi dei sintomi e ridurre le difficoltà sociali, cognitive e psicologiche.
Il burnout si può prevenire?
Bisogna intervenire alla comparsa dei primi sintomi e non aspettare di essere sopraffatti. Importante non sopravvalutarsi, pensando di essere forti abbastanza, ma anche non sottovalutarsi e cercare di valutare in modo corretto le proprie capacità professionali. Se vediamo che non reggiamo il carico di lavoro, affrontiamo l’argomento con i nostri responsabili.
Un segnale da tenere in grande considerazione è quando lo spazio di libertà della nostra vita privata diventa sempre più piccolo. Quando non abbiamo tempo per gli amici, per la famiglia, per la coppia, per fermarci un fine settimana per riposare.
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