Per Sara Lazzaro il 2023 è stato un anno gratificante, ma anche complesso. Quattro progetti, quattro personaggi, girati quasi in contemporanea: sul set Rai di Doc – Nelle tue mani ha indossato il camice della direttrice sanitaria Agnese Tiberi, per Sky ha vestito i panni bon ton della segretaria e aspirante manager dello spettacolo Monica Ferri, che rivedremo in primavera nella seconda stagione di Call My Agent – Italia, su Netflix tornerà a indossare gli abiti ottocenteschi di Teresa Barberis, nel nuovo capitolo de La legge di Lidia Poet, e su Prime Video quelli della moglie di Lillo nella serie comedy Io sono Lillo 2.
E per non farsi mancare nulla, a marzo porterà al teatro Franco Parenti di Milano Scene da un matrimonio, uno spettacolo tratto da un film di Ingmar Bergman. «A volte giravo fino alle due di notte a Torino e alle sei avevo un volo per Roma», racconta l’attrice, nata in Veneto ma con un’infanzia divisa tra l’Italia e l’America, di dove è originaria la madre. «È stato faticoso, ma in modo costruttivo, perché mi ha messo alla prova: sia mentalmente, dato che ho dovuto assimilare quattro copioni differenti; sia fisicamente, perché non sempre sono riuscita a dormire a sufficienza, a riposarmi e a mangiare bene. Puoi immaginare la mia pancia, è stato un po’ come andare sulle montagne russe…».
Sara Lazzaro introduce così il rapporto delicato, e molto altalenante, con il suo secondo cervello, che dall’adolescenza le dà del filo da torcere con una gastrite.
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Quando ha capito di essere «debole» di stomaco?
«Lo sono sempre stata: mia madre mi ha raccontato che quando ero in fasce ho pianto per mesi per via di una colite. Tuttavia, la prima volta che mi hanno parlato di gastrite è stato quando avevo 11 anni e feci un’endoscopia in seguito a continui dolori alla pancia. Avevo provato delle cure medicinali, ma ciclicamente quelle fitte mi tornavano, soprattutto in concomitanza di esami scolastici o periodi particolarmente stressanti».
L’insorgenza dei sintomi è sempre stata legata alle emozioni vissute?
«La pancia è un catalizzatore di tutta la nostra emotività. E io somatizzo molto gli stati d’animo, sia quelli negativi che quelli positivi. È sempre stata una mia caratteristica, che non mi piace chiamare difetto. Da piccola gli episodi di stress erano certi test scolastici o universitari, oppure quando mi destreggiavo tra studio e lavoro c’era l’ansia di arrivare a fine mese. Con il lavoro di attrice, poi, non sono mai mancati i momenti di incertezza».
«Ormai faccio questo lavoro da 15 anni e il mio corpo si è abituato a questo callo, ma i primi provini e i primi set erano una grande fonte di emozioni, soprattutto di adrenalina, che in alcuni momenti mi dava la carica, in altre una sensazione di oppressione al petto. Insomma, ci sono sempre stati diversi interruttori che hanno innescato uno scompenso, che spesso si è riversato a livello dello stomaco. Ma non sono state sempre e solo le emozioni a influire».
Quali sono gli altri fattori che influenzano il suo benessere?
«La mia gastrite è altalenante e dipende molto anche dal mio sistema immunitario, dai cambi stagione, soprattutto se prendo l’influenza. L’ultima volta che ho avuto un episodio importante, in cui mi è stata diagnosticata una gastrite erosiva, è stato a ridosso del Covid, ma poi per fortuna la situazione è rientrata grazie ai farmaci e a un intervento sulla dieta».
E poi durante la pandemia com’è andata?
«Le preoccupazioni non sono mancate, perché ero distante dalla mia famiglia e quindi in apprensione. Ma per fortuna ho passato una quarantena abbastanza positiva. Ogni giorno riuscivo a praticare attività fisica, mangiavo bene, leggevo, guardavo film. Questo stile di vita lento, calmo, ha avuto un effetto balsamo, anche sulla mia pancia; in quel periodo ho scelto di essere costruttiva e mettermi al centro».
Con la gastrite convive da quasi vent’anni, quindi ormai ha imparato a conoscerla e a capirla: come la gestisce quando inizia a percepire i primi sintomi?
«Per limitare il più possibile le irritazioni da dopo la diagnosi non bevo più caffè. Sul set non se lo ricorda mai nessuno, e mi viene offerto continuamente, ma io mi porto dietro le mie tisane. Poi devo stare attenta – anche se le adoravo – alle spremute, e al pomodoro, che dovrei mangiare solo cotto, però ogni tanto sgarro. Per quanto riguarda la gestione, nel momento in cui sento dolore o qualche spasmo, proprio perché so che dovrò conviverci per tutta la vita e non amo prendere troppi farmaci, cerco di capire quale sia stato il fattore scatenante e tento delle strade naturali per farlo passare. Per esempio, un momento di relax, una passeggiata, una borsa dell’acqua calda, una tisana rilassante».
«Un rimedio che amo molto è l’aloe vera, la sera. Ne prendo un cucchiaino sciolto nell’acqua. Oppure lo zenzero. Quando invece mi sveglio con tanta acidità, o con il reflusso, so che sarebbe meglio prendere dei gastroprotettori, quindi consulto il mio medico, che gran parte delle volte mi suggerisce di seguire una terapia per due-tre settimane. Nei periodi di reflusso, inoltre, dormo un po’ inclinata, con due cuscini sotto la testa. Non è molto comodo, perché a volte mi viene la cervicale, ma per la gastrite è un toccasana».
Spesso ha raccontato di quando da piccola giocava a calcio. È ancora una persona sportiva e ci sono delle attività o esercizi che pratica per stare meglio?
«Fondamentale è la respirazione diaframmatica, che facendo l’attrice ho avuto la fortuna di imparare fin da subito, e di cui ho beneficiato. Così come lo yoga e soprattutto il Tai chi, che mi ha colpito per la sua efficacia. Ho seguito per due anni un maestro russo e il beneficio è stato incredibile, sentivo una rilassatezza addominale che non avevo mai avuto, dal momento che sono sempre molto contratta. Percepivo un respiro calmo e anche una lucidità mentale che poi mi faceva lavorare con maggiore concentrazione. Persino l’emotività nei confronti di ciò che accadeva nella mia vita era molto più controllata, così come il mio appetito: mangiavo meglio e cercavo in modo naturale cibi più sani».
«Purtroppo ora non lo pratico più, ma cerco di ritagliarmi del tempo per lo yoga, soprattutto la mattina, che ha effetti molto simili al Tai chi. Per un periodo, invece, ho provato il kick boxing, che mi faceva sfogare molto, mentre da un anno faccio anche meditazione, tramite un’app per smartphone, e da due seguo un percorso di psicoterapia. Sono tutti elementi che interagiscono tra di loro e contribuiscono al mio benessere».
In che modo l’aiuta parlare con uno psicologo?
«Mi sono resa conto che conoscere la propria emotività è basilare, anche perché dà la possibilità di prevenire delle crisi o di cominciare a capire che cosa si innesca in certi momenti di panico o di stress. La prima volta che ho bussato alla porta di uno psicoterapeuta è stata intorno ai 19-20 anni, ma è stato un primo tentativo che non ho proseguito. Poi mi sono riavvicinata alla psicoterapia a 28 anni, e adesso ho ripreso».
«Vedo la terapia come quell’ora in cui mi dedico a me stessa, che va al di là di quello che puoi fare con gli amici o con i parenti, a cui sei comunque molto affezionato e con cui ti confidi. La terapia è come uno specchio, è fatta per guardarsi in faccia e tirare fuori se stessi. I suoi effetti non sono stati immediati: pian piano i livelli di emotività e di stress sono calati, ma penso ci sia ancora molto da fare e per questo continuerò a seguirla. È ancora un viaggio in corso».
Che cosa si augura nel suo futuro lavorativo?
«Da un lato mi piacerebbe cimentarmi nella regia, mentre a livello di nuovi ruoli avrei voglia di tornare al cinema e sperimentare i panni di un personaggio cattivo. Non è una scelta scontata, soprattutto per il mio viso e i miei lineamenti, quindi sarebbe un’esperienza molto curiosa e sfidante».