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Veganuary: 4 settimane di dieta vegana sono una buona idea?

Sì, sembra un modo per aumentare il consumo di alimenti sani e adottare nuove abitudini a lungo termine. Pochi contro, se la dieta viene bilanciata correttamente

Da dieci anni il Veganuary invita le persone a cimentarsi in un mese di dieta vegana. Niente carne, pesce, latte, formaggi, uova e miele per tutto gennaio. Una sfida, oppure un gioco, da fare da soli o da condividere con amici, famiglia, partner, coinquilini, che in alcuni casi può diventare anche un nuovo stile di vita. Si tratta di una buona idea per la salute?

Cos’è il Veganuary

Nato nel 2014 in Inghilterra dall’idea di due attivisti, Jane Lane e Matthew Glover, e diventato poi un’organizzazione no-profit, il Veganuary ogni anno conquista sempre più popolarità e sostenitori. Nell’edizione 2023, secondo i dati raccolti dall’associazione, si sono ufficialmente iscritte al sito per provare la dieta vegana più di 700mila persone in tutto il mondo. Mentre 820 nuovi prodotti e 790 nuovi menù vegani sono stati lanciati nel mese di gennaio per ampliare l’offerta da parte di aziende e locali.

Gruppo San Donato

In Italia, circa 100 aziende, tra cui ALDI, Deliveroo, Fratelli La Bufala, Flower Burger, Kebhouze, Pizzium, Rossopomodoro, I love Poke, Neat Burger, Berberè, Capatoast, Vegery o Ham Holy Burger, offrono promozioni e sconti su prodotti 100% vegetali oppure hanno lanciato piatti o ricette speciali per l’occasione.

Una ragazza con un gallina in braccio sostiene il Veganuary

Gli effetti del Veganuary sulla salute

Chi sperimenta un mese di dieta vegana sostiene di sentirsi meno appesantito dopo i pasti, di aver aumentato il consumo di verdura e legumi, e di aver portato in tavola per la prima volta ingredienti mai provati prima. Come tofu, tempeh o seitan. Ma al di là delle percezioni personali e quindi soggettive, ci sarebbero dei concreti effetti sull’organismo.

Benefici

«Ci sono certamente dei benefici. Mangiare vegan per un mese può essere un’opportunità per imparare a gradire di più verdure e legumi, imparando a inserire questi ultimi anche nella dieta abituale. Almeno uno-due giorni a settimana», conferma Raffaella Cancello, specialista in scienza dell’alimentazione dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano.

«Secondo alcuni studi, la dieta vegana sembrerebbe ridurre il rischio di malattie cardiometaboliche, come quelle cardiovascolari, diabete di tipo 2, obesità e steatosi epatica non alcolica. Nel breve periodo di quattro settimane, invece, ne gioverà certamente la digestione e il benessere intestinale. Soprattutto messi a dura prova dagli extra del periodo natalizio. Gli alimenti vegetali sono ricchi di fibre, che possono favorire la salute dell’apparato digerente e ridurre il rischio di stitichezza».

Potenziali controindicazioni

Tuttavia, è importante ricordare che «una maggiore assunzione di fibre può provocare disturbi digestivi, come gonfiore o meteorismo» sottolinea Cancello. Soprattutto in chi ha disturbi intestinali. «Le persone con problemi di colon irritabile devono stare particolarmente attente sia alla quantità sia alla qualità delle verdure, per non acuire i sintomi di disconforto tipici del disturbo (crampi addominali e urgenza all’evacuazione)».

Inoltre, continua l’esperta, «il termine “vegano” si riferisce principalmente all’assenza di ingredienti di origine animale. Ma non indica automaticamente che un alimento sia sano (o più sano) oppure non processato. Una dieta vegana equilibrata dovrebbe includere una varietà di cibi non processati per garantire un apporto nutrizionale completo, dunque essere ben costruita».

Ciò significa che quando si segue una dieta vegana (anche solo per un mese) non bisognerebbe esagerare con le alternative plant based di carne, latticini e pesce. Oggi i supermercati abbondano di proposte che sostituiscono i cibi animali imitandoli in forma e sapore, ma in genere si tratta di prodotti molto lavorati. Per capirne meglio la formulazione e fare una scelta consapevole, si suggerisce di leggerne l’etichetta nutrizionale e la lista ingredienti. Se piacciono, l’ideale è portare in tavola questi prodotti saltuariamente, senza che diventino l’alternativa proteica d’elezione.

Veganuary: come assumere tutti i nutrienti

Secondo uno studio osservazionale (quindi non in grado di determinare la causa-effetto) pubblicato a novembre 2023 sulla rivista scientifica Nutrients, l’adozione di una dieta vegana a breve termine come accade nel programma Veganuary riduce significativamente, negli individui onnivori, l’assunzione di acidi grassi saturi, colesterolo, iodio e vitamina B12 (quella che si trova esclusivamente negli alimenti di origine animale e di cui, infatti, è consigliata l’integrazione se si segue sempre una dieta vegana).

«Un approccio vegano in tempi brevi non comporta manifestazioni cliniche evidenti. E in sole quattro settimane di veganesimo si limitano i rischi di carenze nutrizionali», riprende la nutrizionista. «Tuttavia, una dieta vegana mal pianificata può mancare di alcuni nutrienti. Tra questi vitamina B12, ferro, calcio, acidi grassi omega 3, zinco e proteine».

I consigli della nutrizionista

  1. La digeribilità delle proteine vegetali è inferiore a quella delle proteine animali. Quindi potrebbe essere opportuno per i vegetariani assumere un quantitativo di proteine leggermente superiore rispetto a quanto suggerito per la popolazione generale (ossia un pochino di più di 0,83 grammi per chilo di peso corporeo al giorno).
  2. Sempre importante integrare la dieta con una fonte affidabile di vitamina B12. Per un mese sono sufficienti gli alimenti fortificati in commercio. Per esempio cereali, muesli o bevande di latte vegetale addizionati di B12. La supplementazione con integratori è necessaria se vi è un preesistente deficit o se c’è una predisposizione all’anemia.
  3. I vegani dovrebbero porre particolare attenzione al consumo di prodotti alimentari che siano buone fonti di calcio. Quindi alimenti a base di soia, bevande vegetali fortificate di calcio, acque calciche, alcuni tipi di frutta secca e semi oleaginosi (come mandorle e semi di chia) e verdure a basso contenuto di ossalati e fitati. Tra quelle che ne contengono di più spinaci, barbabietola, zucca, avocado.
  4. Includre alimenti vegetali con elevato contenuto di ferro. Si raccomanda l’integrazione solo se la valutazione clinica dello stato del ferro rileva valori fuori dall’intervallo di normalità. I legumi secchicereali e derivativerdura e frutta a guscio sono gli alimenti più ricchi in ferro.
  5. Aumentare l’assunzione di zinco. I cibi che ne contengono buone quantità sono i semi di zucca, semi di girasole, noci pecan, noci del Brasile e arachidi. Questi cibi dovrebbero essere consumati insieme ad alimenti che contengono acidi organici. Come la frutta e le verdure della famiglia delle Brassicacee (cavolo, cavolfiore, rape, broccoli).
  6. Attenzione a garantire l’assunzione di acidi grassi omega 3 attraverso il consumo di noci, semi di lino, semi di chia e oli da essi derivati. Anche l’utilizzo di alghe, come tali o come ingredienti in altre preparazioni, può contribuire a fornire alla dieta minime quantità di grassi buoni.

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Giulia Masoero Regis

Giornalista pubblicista, collabora con OK Salute e Benessere, sito e giornale, e altre testate di divulgazione scientifica. Laureata in Scienze Politiche, Economiche e Sociali all'Università degli Studi di Milano, nel 2017 ha vinto il Premio Giornalistico SID – Società Italiana di Diabetologia “Il diabete sui media”; nel 2018 il Premio DivulgScience nel corso della XII edizione di NutriMI – Forum di Nutrizione Pratica e nel 2021 il Premio giornalistico Lattendibile, di Assolatte, nella Categoria "Salute". Dal 2023 fa parte del comitato scientifico dell’associazione Telefono Amico Italia.
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