Nel 2015 un gruppo di ingegneri della Nasa, al lavoro nella spedizione della sonda New Horizons verso Plutone, ha raccontato di ricorrere ad alcuni riti scaramantici per dettare la riuscita della missione. Un pupazzo portafortuna, un numero ricorrente, un gesto rituale: in poche parole, il pensiero antiscientifico per eccellenza nella Mecca della scienza. Sorprendente? Forse, eppure è noto il potere che la superstizione può avere sulla psiche delle persone, anche nei confronti di quelle più razionali, anche nei confronti di chi si è preparato per anni a raggiungere un risultato e di certo non dovrebbe riporre le sue speranze in un gesto.
Lo sa bene il mondo dello sport, lo sa ancora meglio il campione olimpico di salto in alto Gianmarco Tamberi, il cui soprannome, «Half-shave», è nato proprio dal suo rituale scaramantico più famoso: la barba rasata a metà, portata in pedana per la prima volta nel 2011, ai campionati italiani juniores di Bressanone, quando il suo risultato personale migliorò di 11 centimetri. Da quel momento in poi la mezza barba si trasforma per lui in un’iniezione di fiducia, una sorta di talismano, mentre per il pubblico diventa un segno di riconoscimento, che contribuisce a creare un legame con lui.
«Ha sempre fatto rumore, sia positivamente, che negativamente, suscitando commenti del tipo: “Ma quello è un matto!”», racconta Gimbo, che un po’ folle è, ma intanto nel suo palmarès conta un oro olimpico, due mondiali e tre europei. «Alla fine sono convinto che chi è andato oltre l’aspetto estetico e ha cercato di comprendere cosa si celava dietro quel mio gesto, ha scoperto parte della mia mentalità di atleta, tra cui le pressioni e le paure. Penso che ciò che mi abbia connesso di più alle persone sia stato proprio questo: non aver mai nascosto la mia umanità e normalità, pur mettendo in scena delle performance fuori dall’ordinario».
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Tamberi, lei negli ultimi anni ha vinto tutto quello che poteva e la connessione con gli italiani ormai è indissolubile, ma in passato non è sempre stato così e la mezza barba ha contribuito a creare questo legame. Come è nato il gesto scaramantico?
«Per gioco. Era il 2011 e venivo da un periodo difficile, costellato da problemi fisici. Dovevo gareggiare agli juniores di Bressanone: le aspettative erano alte e io temevo di deluderle. Così, per stemperare la tensione, il giorno prima della competizione mi sono rasato la barba a metà. È stato un escamotage per scendere in pedana più leggero, dicendomi “Vai e divertiti”. Poi è successo che in quella gara sono migliorato di 11 centimetri, alzando l’asticella da 2,14 a 2,25, quindi la volta dopo, ai campionati europei juniores di Tallinn, ho replicato il rito e ho vinto la mia prima medaglia d’oro con la maglia dell’Italia. A quel punto ho iniziato a pensare che mi portasse fortuna e da lì in poi è diventato un rituale ogni pre gara, escluse le qualificazioni. Era come se dovessi meritarmi di arrivare in finale per poter usufruire del potere della mezza barba».
Che effetto le faceva?
«Nel momento in cui iniziavo a radermi entravo nella mentalità da competizione. Per 365 giorni l’anno mi alleno pensando di essere più debole dei miei avversari. Li vedo come degli essere soprannaturali e irraggiungibili e lavoro per colmare il gap che mi separa da loro. Il giorno della gara, invece, mi trasformo. Percepisco una forza che nei giorni precedenti non ho e non mi sfiora minimamente l’idea di essere inferiore. E questa cosa era accompagnata dalla metà barba: nel momento in cui prendevo in mano il rasoio, iniziava la mia trasformazione».
Un po’ come la vestizione di un supereroe?
«Esattamente. Tant’è che il giorno prima della gara preferisco non vedere nessuno. Ho un’esuberanza e un temperamento così diversi dal solito, come se fossi su un altro pianeta».
Dice spesso che nel salto in alto ci vuole una forza mentale anche maggiore di quella fisica. Il rituale era un modo per alimentarla?
«Tutt’altro, penso che i gesti scaramantici siano stati una debolezza, un volermi appigliare a un qualcosa che aveva funzionato in altre circostanze, e volerlo replicare, convinto irrazionalmente che quel risultato potesse ripetersi semplicemente perché avevo seguito uno schema. I gesti scaramantici, che noi tutti sportivi, chi più chi meno, utilizziamo, servono per rifugiarci in qualcosa che conosciamo per affrontare una sfida che non abbiamo mai affrontato. Perché ogni volta dobbiamo alzare l’asticella. Che, nel mio caso, non è solo una metafora».
Ha avuto altre ritualità oltre alla mezza barba?
«Sì, prima della gara dovevo bere una bevanda energetica di uno specifico marchio e farmi fare un massaggio di riscaldamento, che però non aveva nulla di funzionale, da mio papà».
E i capelli? Nel 2012 agli europei di Helsinki è sceso in pedana con una chioma azzurra, l’anno dopo era tinto di verde e solo due anni fa, agli indoor di Torun, ha saltato con un codino bianco…
«In questo caso più che gesti scaramantici sono stati una strategia per spronarmi a ottenere buoni risultati. L’ho fatto in momenti di difficoltà, dopo gare in cui non ero andato bene. Tingendomi mi mettevo alle strette perché, se oltre a scendere in pedana con i capelli bianchi o verdi, saltavo anche male, allora sarei risultato un pagliaccio deriso da tutti. È stato un modo per tirare fuori una versione migliore di me, e ci sono riuscito».
Alle Olimpiadi di Tokyo, invece, ha vinto l’oro senza il suo portafortuna. Cos’è successo quell’anno?
«Dal 2011 fino al 2020 non ho mai rinunciato alla mezza barba. A fine 2020, invece, mi sono reso conto che avevo recuperato dall’infortunio alla caviglia (avvenuto nel 2016, compromettendo la sua partecipazioni ai giochi olimpici di Rio, ndr), ma che non ero ancora arrivato dove volevo, ossia sul podio delle Olimpiadi. Siccome mi sentivo ancora molto lontano dal riuscirci, ho deciso di rivoluzionare tutti i miei schemi mentali e il modo in cui approcciavo le gare. Dovevo cambiare e diventare un atleta da oro olimpico. Così, dal 2021, ho abbandonato ogni ritualità: via la metà barba, via la bevanda energetica, via il massaggio con mio padre. Per tutto l’anno ho gareggiato libero dagli schemi e mi sono comportato bene, e così anche alle Olimpiadi, dove tutti sappiamo com’è andata. Da lì ho capito che non ero più legato alla mezza barba: ero diventato un campione olimpico anche senza il suo “aiuto”».
Si è mai sentito schiavo, o avuto paura di essere boicottato, da questi riti?
«Onestamente no, perché non ho mai adottato dei gesti che potessero influire negativamente sul mio salto. Ci sono atleti che hanno ritualità più legate al momento della competizione, ma non per forza sono dannose. Pensiamo a Rafa Nadal: è il re delle scaramanzie, ma quello che ha fatto nella sua carriera è invidiabile da chiunque atleta. Finché il rituale ti aiuta, seppur irrazionalmente, vale la pena seguirlo. Se invece diventa una comfort zone, com’è successo a me, vale la pena uscirne».
Però non l’ha eliminata del tutto, perché ai mondiali di Budapest 2023 l’abbiamo visto saltare e vincere con la barba tagliata a metà…
«Sì, perché fa parte di me, mi caratterizza e mi lega al pubblico, quindi non voglio abbandonarla del tutto. Dopo le Olimpiadi del 2021, però, la vera differenza è che è diventata una mia scelta. So di poter fare bene anche senza».
E quindi ha già fatto la sua scelta per le prossime Olimpiadi di Parigi?
«No (ride), la farò il giorno della gara, in base alle mie sensazioni. Di certo, ve ne accorgerete tutti!».