In questo articolo
Come difendersi
Il Blue Whale Challenge arriva dalla Russia e attira nella rete gli adolescenti facendo leva sulla scarsa fiducia in se stessi di personalità in divenire. Come difendersi e soprattutto perché alcuni giovanissimi ne sono attratti? Abbiamo approfondito l’argomento con Giuseppe Valerio Mavilia, psicologo-psicoterapeuta, neuropsicologo, pedagogista. È docente al Master DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Torino (Puoi chiedergli un consulto cliccando qui)
Come possiamo
identificarlo
Il Blue Whale Challenge rientra nei fenomeni sociali che riguardano i processi evolutivi della crescita e in particolare del passaggio dall’infanzia all’età adulta. Più che un gioco è una vera e propria sfida che si affronta sul terreno virtuale offerto dai mezzi di comunicazione moderni. Per capire meglio questo fenomeno e avere più strumenti per indentificarlo e affrontarlo, possiamo collegarci a quelli che erano i riti di passaggio. Questi rituali hanno avuto, e in certe culture hanno ancora, un significato d’iniziazione per l’individuo che lo porta a crescere e a diventare qualcosa di diverso. I riti possono essere di rinascita, d’iniziazione, matrimoniali o funebri e hanno la funzione di sancire delle tappe nella vita della persona. Nel Blue Whale però non siamo in una realtà sana, ma malata, dove la persona che ha ideato questa sfida ha utilizzato di proposito dei parametri che sugli adolescenti hanno grande presa, oltre a trarre soddisfazione dal suicidio dei giocatori.
Quale disagio nasconde
Il fenomeno è nato in Russia, poi si è propagato in Brasile e in società un po’ più complesse e formate come la Francia e l’Inghilterra. La struttura sociale dove il Blue Whale ha trovato terreno fertile è molto importante. Si tratta spesso di realtà di degrado sociale o di particolare isolamento, dove l’adolescente non ha avuto modo di confrontarsi con gli altri o con un ambiente sano, e di affrontare sfide positive. Durante l’adolescenza il giovane vive spesso una condizione di disagio o di arresto dello sviluppo della personalità. Quando questo malessere non è condiviso come patologia, ma è trattenuto all’interno, può spingere l’adolescente a trovare in rete le soluzioni sbagliate al suo disagio.
Cosa fare
Le sfide lanciate dal Blue Whale sono piccoli riti di passaggio, in tutto 50, che si succedono seguendo un determinato schema. Il contatto con il “trainer” che segue il partecipante dà degli input di rinforzo ogni volta che si compiono dei passi. Lo scenario è inquietante e le famiglie devono concentrarsi sull’osservazione dell’adolescente e sul dialogo aperto, con la possibilità di scambiare idee, preoccupazioni, a volte anche delle vere e proprie angosce che i giovani si portano dentro. Il tutto per evitare situazioni d’isolamento e solitudine. I ragazzi vanno sostenuti all’origine e non nel momento in cui si concretizza il disagio, perché potrebbe essere troppo tardi.
Il ruolo della
solitudine
Le prove sempre più dure e sempre più estreme sono vissute dall’adolescente come un rinforzo della sua personalità, anche se rimane in una dimensione d’isolamento e di solitudine condivisa con il “mentore”. Questa dinamica a due è molto pericolosa ed è difficile uscirne e comunicare. Per questo è così importante la prevenzione, al fine di rendere i ragazzi informati del fenomeno e del rischio che corrono.
Gli adolescenti dovrebbero cercare le sfide in ambiti sani: lo sport, la scuola, i coetanei, l’acquisizione di capacità.
Fortunatamente in Italia la famiglia e le istituzioni sono presenti, però occorre investire ancora di più nella prevenzione e nell’informazione.
Autolesionismo
L’autolesionismo è l’inizio di questa pratica diabolica, con la richiesta ai soggetti di farsi dei cutting, dei tagli che poi arrivano a riprodurre la balena. L’autolesionismo è un fenomeno in cui l’adolescente diventa capace a sfidare il dolore: se sfida il dolore, inconsciamente pensa di affrontarlo e di diventare forte. Il dolore può essere sano, come nel caso del male alle gambe a seguito di una maratona, o malato. Nel secondo caso il dolore è chiuso, nascosto, fine a se stesso e non aiuta a crescere, ma a distruggersi.
Eliana Canova
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