Come curare le fistole nella malattia di Crohn? Uno studio dell’IRCCS San Raffaele ha valutato una nuova terapia contro una delle conseguenze più dolorose di questa patologia. Il gruppo di ricerca ha scoperto che grazie all’utilizzo delle cellule staminali è possibile riparare i danni delle fistole. Si tratta di una tecnica molto promettente.
In questo articolo
Cos’è la malattia di Crohn?
La malattia di Crohn è una malattia infiammatoria cronica che colpisce l’intestino. Può interessare la parete di tutto il tratto gastrointestinale, dalla bocca all’ano. Le infiammazioni si manifestano attraverso ulcere intestinali, che se non trattate possono portare a stenosi, quindi restringimenti intestinali o a fistole. Le fistole sono collegamenti tra la parte interna del canale anale o retto e l’esterno, sulla cute vicino all’ano, che possono originare da ghiandole anali infiammate o infette o dalla penetrazione di ragadi o ulcere nell’ultima porzione dell’intestino. Queste complicanze richiedono spesso un trattamento chirurgico invasivo.
Curare le fistole nella malattia di Crohn: l’innovativo nuovo intervento
«La nuova terapia si basa sulle proprietà rigeneranti e anti infiammatorie delle cellule staminali che vengono iniettate nella sede dove la malattia ha la peggiore espressione, in persone che non rispondono più alla terapia standard». Il professor Pierpaolo Sileri è primario dell’Unità di Chirurgia Colonproctologica e Malattie Infiammatorie croniche Intestinali e ordinario all’Università Vita-Salute San Raffaele. L’obiettivo di trattamento a lungo termine è il prosciugamento delle fistole e la loro chiusura, con conseguente guarigione.
Curare le fistole nella malattia di Crohn: il nuovo intervento evita di danneggiare le pareti dell’intestino
Finora nel nostro Paese solo poche decine di persone hanno ricevuto questo trattamento. «Abbiamo osservato, dopo qualche mese dall’intervento, la guarigione clinica totale della sede in cui vengono iniettate le cellule staminali e un ritorno alla normalità senza dover ricorrere a interventi che possono risultare invasivi» spiega il primario.
L’intervento è microinvasivo ed evita il danneggiamento degli sfinteri. In questo modo si preserva la funzionalità e la continenza fecale. Dopo aver sedato il paziente, il medico pulisce la fistola e chiude l’orifizio interno. Subito dopo inietta le cellule staminali prelevate dal tessuto adiposo.
Quando compaiono le fistole la qualità della vita del paziente peggiora in modo significativo. Le conseguenze colpiscono anche le relazioni sociali. I sintomi sono molto pesanti e variano a seconda delle severità della malattia. I più comuni sono dolore forte soprattutto durante la defecazione, perdite continue di sangue e pus e incontinenza fecale.