La “caccia al tesoro” nelle narici è un passatempo molto diffuso tra i bambini e, spesso, anche tra gli adulti. Per accorgersene basta dare un’occhiata alle spensierate “esplorazioni” in cui si lanciano certi automobilisti per ingannare l’attesa in coda al semaforo: se la luce verde tarda ad accendersi, è anche probabile che il dito “minatore” finisca per liberarsi delle sue preziose “pepite” direttamente nella bocca. Un’abitudine disgustosa, diciamolo, che però potrebbe presto essere rivalutata dalla scienza come “salutare”, con buona pace dei benpensanti.
Dal Canada con furore
L’idea è venuta al canadese Scott Napper, professore di biochimica all’Università di Saskatchewan a Saskatoon, che durante una lezione ha posto ai suoi studenti una domanda tra il serio e il faceto. «L’ingestione dei microrganismi patogeni rimasti intrappolati nel muco del naso potrebbe servire al sistema immunitario per conoscere ciò che lo circonda?».
I bambini insegnano
L’ipotesi neanche troppo strampalata è nata fra le mura domestiche. «Ho due bellissime bambine che passano un sacco di tempo infilandosi le dita nel naso», ha raccontato Napper ai giornalisti della canadese CBC. «Senza dubbio queste dita finiscono il più delle volte dritte in bocca. Potrebbe darsi che in questo modo facciano esattamente ciò per cui siamo programmati?». Il muco, sottolinea il biochimico, ha pure un sapore dolce che potrebbe avere proprio lo scopo di invitarci a ingerirlo per “educare” il sistema immunitario.
Un aiuto alle difese immunitarie
Secondo Napper, mangiare il muco prodotto dal naso potrebbe essere un istinto innato utile ad armare le difese immunitarie contro le infezioni. L’ipotesi, spiega il professore, potrebbe andare a braccetto con le teorie sempre più discusse che sostengono come l’eccesso di igiene abbia comportato un aumento di allergie e malattie autoimmuni. «L’essere umano si è evoluto in condizioni di grande sporcizia – afferma il biochimico – e forse questo nostro desiderio di pulizia e sterilità non sta proprio giocando a nostro favore».
Volontari cercansi
Per verificare la fondatezza della sua ipotesi, Napper vorrebbe condurre un vero e proprio studio scientifico, con l’obiettivo di dimostrare agli studenti come le grandi scoperte possano nascere anche da domande banali. «Servirebbe soltanto un gruppo di volontari», afferma il professore. «Si potrebbero inserire nelle loro narici delle molecole, per vedere poi come varia la risposta immunitaria tra chi mangia le caccole e chi non lo fa». Chi se la sente di provare?
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