Rischio infezioni e ripresa fisiologica del ciclo mestruale: sono queste le preoccupazioni comuni che precedono e seguono il parto delle future mamme, tanto da minarne la tranquillità. Come giocare d’anticipo e affrontare i mesi di gravidanza in serenità? Proteggendo sé stesse e i propri bambini con alcuni test specifici, una corretta igiene ed altri accorgimenti. A fare chiarezza è la Manuela Farris per Intimina.
In questo articolo
Le infezioni durante la gravidanza
Si stima che oltre il 60% delle donne in tutto il mondo abbia almeno un’infezione durante la gravidanza, più frequentemente nel primo trimestre. Tra le più comuni vi sono quelle al tratto urinario e l’influenza. In alcuni casi, però, le future mamme possono contrarre alcune infezioni potenzialmente pericolose durante la gravidanza.
Prima tra tutte la vaginosi batterica che, seppur facilmente trattabile, può causare problemi al bambino, aumentando il rischio di parto prematuro e peso ridotto alla nascita. Anche lo streptococco di gruppo B, che è un tipo di batterio presente nella vagina e nel retto nel 25% di tutte le donne adulte sane, sebbene non possa causare alcun danno alla madre, può essere trasmesso al bambino durante il parto e portare a gravi infezioni come meningite e sepsi.
Tra le infezioni pericolose vi è poi l’epatite, associata a esiti fetali peggiori tra cui il ritardo della crescita fetale e il basso peso alla nascita, e le infezioni sessualmente trasmissibili, che possono complicare la gravidanza e colpire gravemente mamma e bambino in via di sviluppo. Inoltre, possono verificarsi casi di toxoplasmosi in cui la maggior parte dei neonati infetti non presenta sintomi alla nascita, ma può sviluppare sintomi gravi più avanti nella vita, come cecità o disabilità mentale, e di listeria, che può causare aborti spontanei, nati morti e parto pretermine.
Come proteggere sé stesse e i propri bambini
Come proteggere dunque sé stesse e i propri bambini? «Prima di tutto suggerisco di fare il test per le infezioni prenatali all’inizio della gravidanza. La diagnosi e il trattamento precoci possono ridurre al minimo il rischio di danni sia alla madre che al bambino. Ci sono altri accorgimenti – spiega Farris – come quello di praticare una buona igiene, come lavarsi le mani regolarmente, non condividere articoli per l’igiene personale oppure evitare comportamenti rischiosi come il sesso non protetto. È chiaro che ricevere tutte le vaccinazioni raccomandate, come il vaccino antinfluenzale, protegge sia la madre che il bambino dall’infezione».
Il capoparto
Quanto alla ripresa del ciclo mestruale è importante essere a conoscenza del cosiddetto “capoparto”, che indica la ripresa delle mestruazioni dopo la pausa dei 9 mesi di gravidanza, che torneranno alla normalità entro 8-12 settimane. Ciò può essere dovuto a cambiamenti ormonali causati da diversi fattori quali la gravidanza, il parto, lo stato generale di salute, il peso corporeo e anche lo stress dell’intervento chirurgico nel caso del cesareo.
«Quando le mestruazioni tornano dopo aver avuto un bambino, possono essere diverse da come erano prima della gravidanza. Per alcune donne sono meno dolorose, soprattutto per quante hanno lottato con l’endometriosi – interviene la ginecologa – poiché gli ormoni legati alla gravidanza possono spesso migliorare questa condizione. Per altre potrebbe passare del tempo prima che si stabilizzino a differenza di chi invece non vede differenza da prima di rimanere incinta. Non dimentichiamo che le donne che allattano al seno vedranno la ripresa del ciclo quando iniziano a svezzare il loro bambino perché l’allattamento sopprime l’ovulazione nelle prime 6 settimane, soprattutto se non sta facendo uso di latte artificiale».
I sintomi da monitorare
Durante il postpartum, ci sono molti sintomi da monitorare e valutare. Come spiega l’esperta, «le perdite sono solitamente abbondanti nei primi due giorni dopo il parto e poi si stabilizzano rapidamente quando l’utero si contrae tornando alle sue dimensioni normali. Non è raro che un leggero sanguinamento e perdite continue possano persistere fino a 6 settimane. Tuttavia, ci sono alcuni sintomi che possono suggerire che le cose non stiano andando bene e richiedono un’ulteriore valutazione medica».
Tra questi l’emorragia, ovvero perdite significativamente più abbondanti, il forte dolore che impedisce di svolgere le normali attività quotidiane, così come la febbre e le perdite vaginali (nel caso di colorazioni anomale o maleodoranti. Da non sottovalutare anche la durata oltre le sei settimane dopo il parto o un periodo che dura più a lungo del solito (più di 10 giorni). Infine, se le mestruazioni non sono tornate entro sei mesi nelle donne che non allattano, questo dovrebbe essere considerato un ulteriore campanello d’allarme.