Ci sono stime che indicano in 4,8 anni il tempo necessario per avere una diagnosi di vulvodinia. Ancora troppo spesso, purtroppo, questa malattia (scopri qui di cosa si tratta) non viene riconosciuta perché non dà segni evidenti e non ci sono nemmeno test in grado di individuarla come invece accade per le infezioni che colpiscono la zona genitale.
La diagnosi è di tipo anamnestico, e si basa su quanto la donna racconta (per saperne di più, leggi qui). Per questo, se c’è dolore nella zona vulvo-vaginale che impedisce anche i rapporti sessuali, è importante intraprendere nel minor tempo possibile un percorso di cura, individuando uno specialista che si occupi nello specifico di vulvodinia.
A chi rivolgersi
«Attualmente si possono consultare siti specifici che trattano la patologia vulvo-vaginale e del pavimento pelvico e le numerose associazioni che si battono per sensibilizzare l’opinione pubblica» spiega Massimo Felice Nisticò, uroginecologo a Catanzaro. Ad esempio Vulvodinia.info onlus, Vincere Insieme la Vulvodinia, Associazione Italiana Cistite Interstiziale, l’Associazione Italiana Neuropatia del Pudendo e altri siti dedicati come Curare la vulvodinia.
«In questi “rifugi digitali” è possibile rintracciare anche un elenco di specialisti e la loro distribuzione sul territorio nazionale, oltre a una serie di riferimenti scientifici che sono l’unica garanzia per queste pazienti senza punti di certezza».
Si può guarire dalla vulvodinia?
«Quello che interessa davvero tutte le pazienti è se esista o meno la possibilità di una risoluzione completa: gli studi scientifici in merito sono ancora pochi, ed è chiaro che ne servono molti di più» precisa Nisticò. «Tuttavia le esperienze raccolte da chi si dedica specificatamente alla materia dimostrano che la Vulvodinia e le altre sindromi urenti genitali possono essere curate e stabilizzate: e in molti casi il controllo dei sintomi arriva fino alla risoluzione completa».
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