Una nuova tecnica mini invasiva per il tumore alla prostata senza effetti collaterali. «Usiamo gli ultrasuoni ad alta frequenza focalizzati per trattare il cancro più diffuso tra gli uomini. Dopo una biopsia con esito positivo, il medico punta gli ultrasuoni direttamente sulla zona della ghiandola interessata dal tumore, anche grazie all’aiuto di un robot. Questi ultrasuoni colpiscono i tessuti e li portano a una temperatura di 90 gradi, distruggendo le cellule tumorali», dice Fabio Maria Mattei, direttore dell’Unità Funzionale di Urologia al Rugani Hospital, in provincia di Siena.
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Tecnica mini invasiva per il tumore alla prostata: come avviene?
«È un trattamento che distrugge il tessuto neoplastico, senza intervento chirurgico o tagli. Si inserisce una sonda transrettale che invia ultrasuoni e che un robot focalizza sulla lesione che l’esperto ha “disegnato” sulla lesione tumorale. È previsto un giorno di ricovero. Ci vuole l’anestesia spinale per permettere l’agevole utilizzo della sonda perché il paziente sentirebbe dolore per le alte temperature. Il giorno dopo viene dimesso con il catetere, che viene tolto dopo un paio di giorni. Poi il paziente può tornare alla sua vita».
In quali casi si può utilizzare e in quali è invece sconsigliato?
«Le indicazioni di questo trattamento sono molte. Si utilizza nell’uomo giovane che ha paura di fare interventi radicali che possono portare a incontinenza urinaria e/o impotenza post operatoria. Problemi, questi, che possono insorgere con l’utilizzo di altri trattamenti chirurgici demolitivi, come open, laparo, laparo robot assistita. La diagnostica avanzata, fusion, e il trattamento con ultrasuoni focalizzati, focal one, consente, inoltre, di intervenire con nuovi trattamenti sulla comparsa di recidive locali. Questa tecnica non dà problemi di questo tipo. Ottima anche per gli anziani che hanno una situazione generale ad alto rischio soprattutto per l’anestesia prolungata, necessaria in caso di intervento chirurgico tradizionale».
L’importanza della diagnosi precoce
«Questa tecnica è ideale nel trattamento di una lesione tumorale ai primi stadi con lesioni che sono localizzate solo nella ghiandola. Nei tumori metastatici non è utile né quando c’è già il coinvolgimento dei linfonodi. È una tecnica perfetta se ci si fa controllare spesso. Con la diagnosi precoce, a volte anche molto precoce, quando la lesione è iniziale e di piccole dimensioni, fusion è la scelta giusta. La diagnosi precoce, ricordiamolo, dà buoni risultati anche per le altre tecniche».
Quanto è diffusa questa tecnica mininvasiva per il tumore alla prostata?
«Non è molto diffusa, anche se ultimamente stanno aumentando gli ospedali che hanno questo dispositivo. Gli apripista sono stati i francesi e i tedeschi. C’è un dispositivo nuovo che è in grado di trattare con la sonda anche lesioni estremamente piccole. Possiamo “bruciare” lesioni appena nate».