Le bugie sono come le ciliegie: una tira l’altra, in un vero e proprio effetto a valanga. Questo accade perché ogni volta che non diciamo la verità, il nostro cervello diventa meno sensibile alla disonestà: finisce così per non avvertire più quei sentimenti negativi che normalmente accompagnano le azioni immorali e sbagliate, aprendo la strada a menzogne sempre più grosse.
A svelare questa vera e propria “sindrome di Pinocchio” è uno studio dell’University College di Londra, pubblicato su Nature Neuroscience.
La ricerca ha coinvolto 80 volontari, a cui è stato chiesto di stimare il numero di monete contenute in un vaso per poi comunicarlo ad una seconda persona attraverso il computer. Il test è stato replicato in cinque situazioni differenti, in cui mentire poteva comportare vantaggi o svantaggi per sé, per l’interlocutore virtuale o per entrambi. Durante l’esperimento, l’attività cerebrale dei volontari è stata monitorata con la risonanza magnetica.
I risultati delle analisi dimostrano che quando diciamo una menzogna a nostro favore si attiva una particolare area del cervello legata alle emozioni, la cosiddetta amigdala. Bugia dopo bugia, questa regione del cervello si accende in maniera sempre più debole, togliendo ogni freno inibitore e lasciandoci liberi di dire falsità sempre più grosse.
«Quando diciamo una bugia per il nostro tornaconto personale, l’amigdala produce emozioni negative che tendono a limitare la propensione alla menzogna», spiega la psicologa Tali Sharot che ha coordinato lo studio. «Questa reazione, però, tende a diminuire via via che diciamo più bugie sempre più grosse. Questo ci può portare su una brutta china, dove una piccola disonestà genera una escalation di bugie sempre più gravi».
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