Senza smartphone la maggior parte delle persone non riuscirebbe nemmeno a chiamare casa. E come degli hard disk esterni, in cui archiviare numeri di telefono, liste della spesa, indirizzi, date di compleanno e memo sulle cose da fare, gli attuali device alleggeriscono il flusso di dati sulla memoria interna: ovvero, il cervello. Definita amnesia digitale, molti scienziati si interrogano sul reale impatto della dipendenza da Google sulle prestazioni cognitive. Stando ai dati raccolti da Kaspersky Lab, major della cybersicurezza, in un’indagine su mille consumatori statunitensi dai 16 anni in su, il 70 per cento non conosce a memoria il numero di telefono dei figli e il 49% quello del partner.
Della serie: perché sforzarsi a memorizzare se lo smartphone lo fa per noi. E così vale anche per le ricerche in Google, che in un clic svelano il titolo di un film che non ci si ricordava oppure l’indirizzo di un ristorante di cui si era sentito tanto parlare. Dai dati emerge, infatti, che quasi la metà delle persone è consapevole di dipendere da smartphone e altri device per tenere a mente molte informazioni.
Ma troppa tecnologia ci renderà stupidi o sempre più smemorati? Stando a Kathryn Mills, dell’UCL Institute of Cognitive Neuroscience, «L’atto di dimenticare non è necessariamente una cosa negativa», ha dichiarato al ‘Telegraph’ britannico. «Siamo creature capaci di adattarci magnificamente e non ricordiamo tutto soltanto perché non è vantaggioso per noi farlo». Alcuni esperti, inoltre, ipotizzano che il ricorso costante a internet non interferisca non la capacità di memorizzare, bensì con un diverso utilizzo della memoria: in pratica, rispetto al passato, l’uomo sa dove reperire le informazioni che necessita con più rapidità.
In questo quadro, però, vi è un paradosso. Sebbene la metà delle persone dichiari che la perdita dei dati sullo smartphone li getterebbe nel panico, pochi fanno qualcosa per evitarlo: un terzo, infatti, non protegge il sistema da virus, malaware e altre minacce. (CP)
17/07/2015