Le donne che corrono un rischio elevato di sviluppare un tumore dell’ovaio, ma che non se la sentono ancora di sottoporsi alla rimozione chirurgica preventiva, possono tenere la situazione sotto controllo facendo ripetuti esami del sangue nel corso dell’anno: il test dell’antigene CA125 fatto ogni tre mesi può aumentare le diagnosi precoci dal 10% al 50% dei casi. Lo dimostrano i risultati di uno studio del Massachussetts General Hospital pubblicato su Clinical Cancer Research.
Pazienti a rischio
Il nuovo protocollo di prevenzione riguarda le donne considerate ad alto rischio, ovvero quelle donne che in famiglia hanno già avuto casi di tumore dell’ovaio e della mammella, oppure che presentano le pericolose mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2. «Per queste pazienti la raccomandazione è quella di rimuovere chirurgicamente le ovaie e le tube di Falloppio una volta che non hanno più intenzione di avere figli, ma alcune di loro – spiega il co-autore dello studio, Steven Skates – decidono di rimandare l’intervento».
Il nuovo protocollo
Per aiutarle nella prevenzione, i ricercatori hanno messo a punto un nuovo protocollo che prevede l’esecuzione di un esame del sangue ogni tre mesi per valutare i livelli della proteina CA125, che crescono con l’avanzare della malattia. Solitamente il campanello d’allarme suona quando il valore dell’antigene CA125 supera le 35 unità per millilitro, ma nel loro studio i ricercatori hanno deciso di approfondire la situazione con un’ecografia transvaginale a ogni minimo aumento, anche al di sotto di questa soglia.
Lo studio
Il protocollo è stato sperimentato su oltre 3.800 donne a rischio, reclutate tra Stati Uniti e Australia, che durante lo studio hanno potuto scegliere liberamente se continuare con gli esami del sangue ripetuti oppure se sottoporsi alla chirurgia preventiva.
In totale sono stati registrati 19 casi di tumore maligno: nove sono stati riscontrati durante l’intervento chirurgico, mentre gli altri dieci sono stati scoperti durante lo screening con il test del sangue. Di questi ultimi, quattro erano già presenti all’inizio dello studio, mentre gli altri sei si sono sviluppati durante il periodo di screening.
Proprio analizzando i dati relativi a queste sei donne è emerso che il nuovo protocollo permette di identificare la malattia con un’accuratezza superiore all’80%, con il 50% dei casi diagnosticati a uno stadio precoce.
Servono nuove conferme
Il monitoraggio dell’antigene CA125 è dunque «un’opzione promettente», la cui efficacia nel ridurre i decessi rimane tuttavia ancora da dimostrare. Per le pazienti, concludono i ricercatori, «l’intervento di rimozione rappresenta ancora la migliore opzione per ridurre il rischio di tumore dell’ovaio».
TI POTREBBE INTERESSARE ANCHE
Tumore dell’ovaio: la mortalità cala nel mondo grazie alla pillola
Tumore dell’ovaio e del seno: ecco la target therapy
Il talco aumenta il rischio di ammalarsi di tumore dell’ovaio?