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La sindrome di Takotsubo o cardiomiopatia da stress, non è benigna come si pensava, ma letale quanto l’infarto: le sue vittime sono soprattutto donne
Di crepacuore si può morire, e non è il solito modo di dire. La cosiddetta cardiomiopatia da stress, che colpisce soprattutto le donne, è un killer letale tanto quanto l’infarto, e non una sindrome benigna come si pensava finora. Lo dimostra il primo studio internazionale condotto su questa misteriosa malattia, nota anche con il nome di Takotsubo.
La scoperta, pubblicata sul New England Journal of Medicine in occasione della Giornata Mondiale del cuore, porta anche la firma dei ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e del Policlinico Gemelli di Roma, da anni in prima linea per combattere questa malattia.
La sindrome di Takotsubo si manifesta come un infarto, con sintomi quali dolore al petto o affanno improvviso, si associa ad alterazioni dell’elettrocardiogramma, ma al momento della coronarografia d’urgenza, eseguita nel sospetto di infarto miocardico, le coronarie risultano sorprendentemente normali e non presentano restringimenti. Il cuore però si altera, assumendo una forma inconfondibile con il “collo” sottile che ricorda un vaso usato in Giappone come trappola per polpi, chiamato appunto “tako-tsubo”.
«Le alterazioni del microcircolo coronarico hanno un ruolo fondamentale in molte malattie cardiovascolari ed in particolare, come da noi recentemente dimostrato, nella sindrome di Takostsubo», spiega Filippo Crea, direttore del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari del Policlinico Gemelli di Roma, capofila dello studio assieme alla dottoressa Leda Galiuto, professore aggregato alla Cattolica e cardiologa presso lo stesso Dipartimento.
La loro ricerca, che ha coinvolto 1.750 pazienti di 9 Paesi tra Europa e Stati Uniti, ha dato un primo identikit completo della sindrome di Takotsubo. Il cosiddetto crepacuore colpisce le donne nel 90% dei casi, prevalentemente dopo unostress emotivo (un lutto nel 30% dei casi) o fisico (un intervento chirurgico nel 36% dei casi). Nella metà dei casi si presenta in associazione con malattie neurologiche o psichiatriche come la depressione. A differenza di quanto ipotizzato finora, la malattia ha un tasso di mortalità del 5%, paragonabile a quello dell’infarto.
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