Agire sulla salute mentale per migliorare quella del cuore dopo un infarto. La psicoterapia, se viene somministrata insieme alle migliori terapie mediche e interventistiche, è in grado di ridurre le complicanze e migliorare la prognosi generale di chi ha subito un infarto cardiaco. Della terapia tradizionale, dei rischi che corre il paziente e dei benefici della terapia psicologica post-infarto ci parla l’esperto Christian Pristipino, cardiologo dell’Ospedale San Filippo Neri Asl Roma 1 presso l’UOC Emodinamica diretta dal Prof. Giulio Speciale.
La terapia tradizionale
L’infarto rappresenta la prima causa di morte in Italia e quando colpisce, la tempestività dell’intervento è fondamentale. Dopo l’operazione chirurgica di angioplastica coronarica «si procede con delle terapie farmacologiche che cercano di limitare le conseguenze e i danni che l’infarto ha causato al cuore – spiega l’esperto – se ci sono complicanze importanti, si fa anche un ciclo di riabilitazione, cioè si “riabitua” il cuore a sostenere carichi di lavoro progressivamente crescenti. Contemporaneamente, si fanno una serie di attività di supporto psicologico, ma non psicoterapia».
Le complicanze
Le complicanze più frequenti che un paziente ha, nelle prime settimane o mesi dopo un infarto, sono innazitutto la possibilità di avere una recidiva infartuale, poi lo scompenso cardiaco e le aritmie. Più raramente un danno alle valvole cardiache e «la cosiddetta “rottura di cuore”, cioè quando una zona del cuore molto lesionata si perfora causando un ostacolo al riempimento» sottolinea il cardiologo.
Il valore aggiunto della psicoterapia
I benefici della terapia psicologica aggiunta alla terapia tradizionale dopo un infarto sono confermati da due ricerche scientifiche recentissime. La prima, del 2016, è la meta analisi più aggiornata di tutti gli studi sull’argomento e pubblicata nel libro Psychotherapy for Ischemic Heart Disease, curato dal dottor Pristipino con la dottoressa Adriana Roncella, da cui è emerso che sottoporre a sedute di psicoterapia i pazienti che hanno avuto un infarto «porta a un beneficio sulla loro prognosi generale, riducendo la mortalità anche fino al 25%».
Un altro studio condotto all’Ospedale San Filippo Neri di Roma, coordinato dal dottor Pristipino e dalla dottoressa Roncella, invece, ha preso a campione 100 pazienti che avevano avuto un infarto acuto e a metà di loro, in modo randomizzato, è stata sottoposta la terapia psicologica in aggiunta a quella tradizionale. Il risultato? «Oltre a una migliore qualità della vita, i pazienti che hanno seguito anche la psicoterapia hanno soprattutto mostrato una minor incidenza di eventi medici gravi, che comprendevano i più gravi problemi cardiaci e di salute in generale. La cosa interessante è che questo beneficio non si osserva solo a distanza di un anno: a breve pubblicheremo nuovi risultati che confermano come gli effetti positivi della psicoterapia rimangano anche a distanza di cinque anni dall’infarto».
Le sedute di psicoterapia
Che tipo di sedute sono? «Si tratta di una psicoterapia elaborata nella nostra struttura breve e originale della durata di sei mesi, in cui si alternano incontri individuali e di gruppo, di tipo umanistico-esistenziale e basata su approcci psicodinamici– spiega ancora Pristipino – non lavora quindi solo sulla parte razionale della persona, ma coinvolge tutta la sua sfera emotiva, valoriale, subconscia ed esistenziale del paziente. Tramite la psicoterapia cerchiamo di stimolare l’interazione mente-corpo».
Agire sulla mente per fare bene al corpo e al cuore
Dopo un infarto, però, le persone reagiscono in modo diverso. C’è chi ha una reazione molto attiva e riprende a fare attività fisica e sforzi senza temere ricadute, mentre altri rimangono bloccati perché terrorizzati dalla possibilità di avere un altro infarto.
La psicoterapia serve e fa bene a tutti o solo ai pazienti più fragili e insicuri?
«Prima e dopo l’intervento psicoterapeutico abbiamo fatto una serie di test psicometrici, ma abbiamo notato che in generale i risultati e i benefici della terapia non cambiano a seconda delle diverse personalità o caratteristiche mentali».
È ovvio che la psicoterapia può migliorare l’aderenza a stili di vita più sani che un paziente decide di intraprendere dopo un infarto (attività fisica, alimentazione sana, abbandono del fumo), ma i suoi benefici vanno oltre.
«Ha un effetto comportamentale-cognitivo, ma anche direttamente biologico – conclude Pristipino – Una mole imponente di dati scientifici, infatti, ha già dimostrato che le emozioni e i processi del pensiero si traducono in neuro-mediatori e ormoni, che vengono distribuiti a tutti i sistemi del nostro organismo, come quelli cardiovascolare, endocrino, immunitario. La psicoterapia è essenziale invece nei pazienti che sviluppano una depressione come conseguenza dell’infarto, che come noto hanno una prognosi anche cardiaca notevolmente peggiore degli altri».
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